Marcello Foa
Un ritocchino alla risoluzione, per accontentare il governo libanese; poi il voto dellOnu. «Prima possibile», chiede il presidente americano Bush. Forse già oggi, quando i ministri degli Esteri dei quindici Paesi rappresentati nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite convergeranno a New York. Più probabilmente domani, al termine di un dibattito che, su richiesta del delegato del Qatar, sarà pubblico.
Quella di ieri è stata unaltra giornata di intense trattative al Palazzo di Vetro. Con un solo obiettivo: trovare il modo di recepire alcune delle obiezioni del governo libanese senza snaturare la bozza presentata sabato dalla Francia dintesa con gli Usa e che fornisce ampie garanzie a Israele, in particolare ammette il diritto di risposta in caso di attacchi degli Hezbollah dopo la tregua. Ieri il premier Siniora ha ricevuto a Beirut i ministri degli Esteri della Lega Araba, che lo hanno sostenuto allunanimità, minacciando «conseguenze se verranno adottate risoluzioni che non siano applicabili o vadano a complicare la situazione sul terreno, e non tengano conto degli interessi e della stabilità del Libano».
Il mondo arabo-musulmano per una volta è compatto. E sebbene la Lega Araba sia storicamente ininfluente, lOccidente non può non tenerne conto. Siniora ha presentato tre emendamenti, ma soprattutto chiede che il testo menzioni espressamente il ritiro delle truppe israeliane. La sua proposta è precisa: i soldati dello Tsahal dovrebbero abbandonare il sud del Libano subito dopo la proclamazione del cessate il fuoco e verrebbero sostituiti da quelli libanesi. E a tal fine ieri ha annunciato linvio di 15 mila soldati e il richiamo di cinque classi di riservisti.
Ma lesercito di Beirut è composto per oltre il 60% da sciiti. È male equipaggiato e disorganizzato e non è certo in grado di disarmare gli Hezbollah, né di garantire la tregua. Non subito perlomeno: lo sarà quando avrà ricevuto un addestramento adeguato. Ecco perché Israele non considera nemmeno la possibilità di ritirarsi in tempi brevi. Ecco perché è necessario che nel sud del Libano venga inviata una Forza multinazionale.
Bush ieri è stato perentorio: «Non possiamo accettare che si crei un vuoto nel quale gli Hezbollah siano liberi di agire provocando ulteriore instabilità nel Medio Oriente. Siria e Iran devono tenerli a freno». «La violenza deve finire», ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa nel suo ranch di Crawford, in Texas, «ma occorre porre le premesse per una pace duratura nella regione». Il messaggio è chiaro: sì alla limatura del testo, ma lAmerica non accetterà che venga stravolto.
I margini di manovra dellambasciatore francese allOnu Jean-Marc de la Sablière sono stretti. Fino a tarda sera ha cercato «di migliorare la risoluzione» ovvero di trovare formule, più che altro semantiche, capaci di accontentare tutti. Il governo di Parigi ritiene che la nuova bozza debba citare espressamente il ritiro israeliano (pur senza fissare scadenze precise) e debba essere più precisa sulle fattorie di Shebaa, la cui sovranità è contesa. La Francia avverte gli Usa: «Non presenteremo la bozza senza aver incluso alcuni dei suggerimenti della Lega Araba». LAmerica non gradisce ma si adegua. La Rice ritiene che sia possibile trovare «una base accettabile da entrambe le parti» e afferma che «nessuno pensa che il risultato di questa crisi debba essere loccupazione del Sud del Libano da parte di forze straniere». Come dire: è impensabile che le truppe israeliane mantengano a tempo indeterminato il controllo della fascia di sicurezza.
Il voto slitta di qualche ora, ma lesito non è in dubbio: la previsione è di 14 sì e un no, quello del delegato del Qatar, che però potrebbe ricredersi se il nuovo testo verrà ritenuto soddisfacente.
Il Libano è impaziente, Israele anche.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.