Luniversità è sul piede di guerra; scioperi e blocchi dimostrativi dellattività didattica sono nellaria. Il fatto sembra paradossale soltanto ricordando quello che accadeva neppure due anni fa: professori, ricercatori, studenti, inveivano contro i barbari di centrodestra che, timidamente, tentavano di sburocratizzare lamministrazione degli atenei e di introdurre principi di merito. Adesso nel governo, professori e ricercatori trovano il meglio possibile per i loro sogni: un ministro dellUniversità vicinissimo alle esigenze sindacali del corpo accademico e un ministro dellEconomia che non scrive una riga della legge finanziaria se non ha lapprovazione dei dirigenti di Rifondazione comunista. Cosa succede allora? È finito un sogno, il sogno ingenuo e antistorico dei docenti che speravano nel governo di sinistra. I due ministri litigano tra loro (quello dellUniversità ha minacciato le dimissioni se verranno confermati i tagli della Finanziaria alla gestione degli atenei) e i docenti litigano con il loro ministro di riferimento, promettendogli lo sciopero, spalleggiati dai sindacati.
Lesigenza del ministro del Tesoro di tagliare le spese dell'università è corretta da un punto di vista strettamente ragionieristico. Con criteri sommari, però con riferimento a dati statistici, cerca di riportare le spese universitarie allinterno dei parametri europei. Tuttavia, nonostante i buoni propositi, il problema non è risolvibile, perché il ministro credeva di tagliare i rami secchi di un bel giardino allinglese, e invece si è trovato nel mezzo di una boscaglia cresciuta da un trentennale groviglio di leggi volute sia da un sindacalismo che ha logorato le basi meritocratiche della vita universitaria, sia dai poteri municipali che hanno preteso il frazionamento e il decentramento delle sedi con pure e semplici finalità clientelari. Il localismo, associato al corporativismo, ha generato quella boscaglia universitaria insidiosa per chiunque si addentri con lintenzione di dare un po di razionalità gestionale agli atenei.
Eppure i due ministri, Padoa-Schioppa e Mussi, erano quanto di meglio si potessero aspettare i docenti universitari che avevano duramente contestato le iniziative del precedente ministro di centrodestra. Ma, appunto, il sogno finisce allalba della prima Finanziaria, un sogno che si augurava di modernizzare luniversità attraverso unazione dirigistica con cui riclassificare dallalto i ruoli, le competenze, lassegnazione dei fondi per luniversità. Un puro e semplice modello giacobino modernizzatore degli atenei che esplode per le sue contraddizioni, non perché male interpretato dai due ministri, ma, al contrario, perché essi si sono mostrati fedelissimi interpreti del modello gestionale centralista.
La conseguenza di tutto questo sarà che luniversità, e con essa la scuola in ogni suo ordine, si dovrà rassegnare a vivere un periodo di grandi incertezze causate dalle contraddizioni sia della sinistra sindacale, sia del localismo, sia della rigidità della programmazione economica. E ciò comporterà la paralisi della vita accademica con il blocco dei concorsi per i docenti, con la sospensione delle immissioni in ruolo, con inevitabili tagli finanziari. E la boscaglia accademica crescerà sempre più florida.
I docenti che hanno visto i loro sogni infranti, dovrebbero prendere coscienza che i problemi delluniversità non si risolveranno mai attraverso decisioni verticistiche e centralistiche, ma mediante una strategia alternativa che conferisca la piena autonomia agli atenei per avviare una vera e propria competizione tra le singole università.
Questa nostra fase storica ricorda da vicino la crisi attraversata dall'Inghilterra negli anni Settanta che ha avuto effetti devastanti per l'università. Le difficoltà, gravi e strutturali, sono state superate proprio con opportune liberalizzazioni che hanno introdotto differenze di qualità tra gli atenei, differenze economiche tra i docenti, differenze tra gli studenti sulla base del merito. Noi abbiamo università che possono ritrovare leccellenza se vengono lasciate libere di competere tra loro e contro quelle nate dal localismo e dal clientelismo. È soltanto necessario - ma la cosa è complicatissima - introdurre ragionevoli incentivi economici per i docenti migliori e respingere le pressioni corporative sindacali che nulla hanno a che vedere con la ricerca scientifica.
Dubito che il governo di sinistra abbia il coraggio di procedere sulla strada delle liberalizzazioni del mondo universitario, mentre invece un eventuale prossimo governo di centrodestra, rafforzato dal fallimento della politica accademica della sinistra, potrà riprendere con più convinzione di prima la riforma dellautonomia delluniversità.
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