Liberato

Diciamo subito che della vita di questo santo non si sa proprio niente. Si tratta infatti di un «corpo santo», cioè di una reliquia rinvenuta nelle catacombe romane con un cartiglio contenente il solo nome e, in caso di martire, talvolta insieme a un’ampollina del suo sangue. Si legge nella voce apposita della Bibliotheca Sanctorum (Città Nuova, Appendice I, p. 783) che nel 1727 il sacrista del papa Benedetto XIII e vescovo di Porfireone, cioè Agostino Nicola degli Abati Olivieri, autenticò le reliquie di questo santo estratte dal cimitero intitolato ai santi Felice e Adaucto sulla via Ostiense e donate, da parte del pontefice, all’ambasciatore della Serenissima Repubblica di Venezia presso la Santa Sede, il nobile Pietro Cappelli. Si trattava di un dono ad personam, dunque con facoltà di donarlo a propria volta ad altri o di esporlo alla pubblica venerazione presso qualche chiesa o cappella o oratorio. Questo s. Liberato era un martire giacché insieme alle ossa le reliquie comprendevano anche la classica ampollina col sangue. Non siamo in grado di seguire passo passo tutte le vicissitudini di dette reliquie nel corso del tempo ma solo di riferire la loro ultima collocazione.

Nel 1971, infatti, essendo venute in possesso del conte Giancarlo Labia, l’urna lignea contenente le ossa del santo e l’ampollina del sangue furono donate alla chiesa parrocchiale intitolata ai santi apostoli Pietro e Paolo di Fratta Polesine, in provincia di Rovigo, dove ancora oggi si trovano. Esse però, giusta il primitivo atto di donazione del 1727, non hanno diritto a ufficio o messa propri.

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