Tripoli«Siamo noi i primi a essere arrivati in città, siamo noi a essere andati in avanscoperta il giorno in cui è iniziata la battaglia per Tripoli». Salah Muftah Awaj è un ribelle di Misurata. Oggi fa la guardia al palazzo che fino a pochi giorni fa ospitava gli uffici del primo ministro Al Baghdadi Ali Al Mahmoudi. Nella nuova mitologia rivoluzionaria libica, i combattenti di Misurata, che per settimane hanno resistito a un feroce assedio delle forze di Muammar Gheddafi, hanno un posto d’onore in Libia. Con loro, anche le brigate dei ribelli di Zintan, polveroso villaggio sulle montagne dell’Ovest. Da lì è partita a fine luglio l’offensiva che in poche settimane ha portato le forze ribelli nel cuore di Tripoli.
Oggi che la capitale è divisa in zone di influenza controllate dalle brigate di diverse città, spesso non in comunicazione tra loro e senza una vera e propria leadership militare unificata, c’è il timore che tra i gruppi di uomini armati di diverse città possano crearsi rivalità. Secondo il britannico Guardian, martedì la leadership politica ribelle ha dovuto ritirare la decisione di nominare l’ex generale dell’esercito libico Albarrani Skhal alla guida della sicurezza di Tripoli dopo che oltre 500 persone sono scese in strada a Misurata per protesta. Il generale, lamentavano i manifestanti, è implicato nell’attacco delle forze di Gheddafi contro la città costiera.
Per evitare l’inspessirsi delle tensioni e aiutare la capitale a tornare alla normalità, nelle scorse ore il Consiglio nazionale di transizione ha chiesto alle diverse brigate cittadine di prepararsi a lasciare la capitale. «Questo avverrà però soltanto quando la stabilità sarà ritornata in ogni quartiere», ha spiegato ieri al Giornale Abdallah Turki, membro del Cnt. E un segno del lento ritorno alla normalità è la riapertura dell’ambasciata italiana in città, come prova il tricolore che sventola da ieri dalla sede diplomatica, e la lunghissima fila di automobili che ieri sera bloccava il lungomare sulla via della piazza Verde, dove migliaia di persone hanno celebrato la fine del regime.
A Tripoli, oltre alle possibili frizione tra le singole brigate, preoccupa la crescente frustrazione nei confronti del Cnt: «Dove sono i leader, perché non erano a Tripoli il giorno della celebrazione per la fine del Ramadan?», si chiede un giovane vicino ai vertici rivoluzionari, che rivela anche come non manchino le tensioni tra la leadership ribelle in arrivo da Bengasi e i nuovi amministratori cittadini di Tripoli. E un rappresentante della squadra di stabilizzazione, organo che si occupa di impostare la transizione, parla di una chiara mancanza di leadership in un momento in cui servirebbe un forte segnale alla popolazione. Non basta annunciare di voler eleggere nell’arco di otto mesi un’assemblea costituente e organizzare elezioni entro l’inizio del 2013. Il problema, dicono in molti, è che la leadership resta per ora lontana. Nei giorni scorsi, a Tripoli sono arrivati soltanto alcuni membri del Cnt, qualche ministro e portavoce, ma i due uomini ai vertici, Mustafa Abdel Jalil e Mahmoud Jibril, siedono ancora nei loro uffici a Bengasi.
E soltanto ieri, per la prima volta dall’ingresso dei ribelli nella capitale, alcuni rappresentanti del Cnt hanno invitato i giornalisti a una conferenza stampa.
I membri del Consiglio negano l’esistenza di frizioni: «Finora è stato un successo, le tensioni sono normali. Tripoli è stata liberata soltanto sette giorni fa», dice Abdelrahman El Keib. Ma dopo una settimana, la leadership politica ribelle non ha ancora aperto il suo quartier generale nella capitale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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