Una trecentata di pagine che non scorrono, ma preferiscono avvilupparsi. Ci sono romanzi che  sono ansiosi di stagliarsi verso il cielo della conclusione, dritti come pioppi. Questo - forse  l'opera più famosa in italia dello scrittore madrileno Javier Marìas - è invece una foresta di  mangrovie, un'edera insistente e pervicace.
 Come tutte le piante infestanti, «Domani nella battaglia pensa a me» è affascinante ed  estenuante. Da maneggiare con cura per il peso specifico altissimo di ogni singolo,  architettatissimo periodo e per la capacità introspettiva illuminante quanto disperatamente  devastante, non è un libro da tram. Ha bisogno di decantare, di comunicare il sapore di uno  stile che può apparire logorroico e compiaciuto ma che in realtà è semplicemente profondo come  la vita. E se la vostra al momento vi riserva stress e molti impegni, forse è il caso di passar  dritto in libreria.
 Se invece avete il tempo di cullarvi sull'onda lunga di pensieri ad alto tasso di filosofia e  psicologia, se avete una buona abat-jour e un plaid coccoloso, allora potete affrontare la  giungla di Marìas sicuri che non vi deluderà. Non tanto per la storia in sé, quanto per la  sensazione di tragedia classica ottimamente calibrata che trapela da ogni pagina. Di per sé  l'intreccio è semplice: un'avventura di una notte che si conclude - sin dalle prime pagine - con  la morte improvvisa e naturale dell'amante; un uomo solcato da una flottiglia di pensieri,  riflessioni e pesantezze; la complessità dei rapporti di fronte alla inaccessibilità della  verità e della vita.
 Non c'è nulla di giallo né di rutilante in questo romanzo scritto nel 1994, pubblicato da  Einaudi ormai qualche anno fa e ormai giunto alla sua terza edizione italiana (l'ultima - in  coabitazione con «Un cuore così bianco» e «Tutte le anime» va sotto il titolo di «Trilogia  sentimentale»).
Liquoroso