Siamo subito chiari, questo non è un libro per vecchi. Fosse un ristorante - dato che la gola è parte integrante del romanzo - sarebbe una di quelle trattorie fracassone dove arrivano tavolate di universitari indecisi soltanto se dedicare la serata ai bicchieri di rosso o alle gambe delle loro compagne. Ovvio che - se per sbaglio ci capita una coppietta di sereni ed educati settantenni - si rischiano le coronarie. Ma è anche giusto dire che l'abito non fa il monaco e spesso nelle osterie un po' debosciate la cucina è comunque ottima.
Ecco, «La gang del pensiero» dell'inglese di origine ungherese Tibor Fischer ha un buon sapore. Nonostante il politically uncorrect che domina ogni riga, nonostante l'ironia spietata, l'azione ricca di nonsense, l'apologia della bulimia, del taccheggio, dell'alcolismo, della rapina, dell'appropriazione indebita e della lussuria vagabonda. Il tutto piacevolmente condito da battute fulminanti e squarci di puro divertimento. Per intenderci, il regista inglese Guy Ritchie deve aver fatto scorpacciate di Tibor Fischer prima di girare «Lock & Stock» o «Rock & Rolla».
Tutto ruota intorno al pingue, scapestrato, calvo e golosissimo Eddie Coffin, mediocre professorino di filosofia che scappa dalla perfida e fessacchiotta Albione con la cassa di un college, per approdare nell'edonistica Francia degli storioni fumè e dei borgogna. In coppia con il plurimutilato Hubert, mette in piedi una serie di rapine a sfondo filosofico, alternando pistolettate ad aforismi di Nietzsche, citando Anassimandro e copulando di gusto con una locale femme fatale.
Epicureo
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