Politica

Il libro anti Montezemolo spopola alle feste Pd

L’impietosa biografia del presidente della Ferrari affascina soprattutto i democratici, che non lo amano

Il libro anti Montezemolo  
spopola alle feste Pd

«A scuola ero campione mondiale di copiatura e questo dimostra che anche chi copia ha speranza». Tutto quello che avreste voluto sapere su Luca Cordero di Montezemolo, e non avete mai osato chiedere, ce lo racconta il collega Stefano Feltri, giornalista della redazione economica del Fatto quotidiano, nel suo Il candidato, edito da Aliberti. Una biografia non autorizzata del presidente della Ferrari, che non solo sta avendo un discreto successo nelle librerie, ma pare stia spopolando anche alle varie Feste dell’Unità frequentate, si sa, da molti italiani che non sono particolarmente affascinati dalla discesa in campo - nel campo della politica - annunciata a intermittenza dall’ex presidente di Confindustria. Considerato, all’alba dei suoi 64 anni, non proprio «un volto nuovo».
«La presidenza della Fiat di Luca di Montezemolo nasce in un cimitero e si conclude un attimo prima della guerra, cioè del ritorno alla lotta di classe tra padroni e operai, tra Sergio Marchionne e la Fiom di Maurizio Landini. In mezzo c’è la rinascita di un’azienda decotta e un fiume di denaro che esce dalle casse del gruppo per finire in quelle di Montezemolo, tra stipendi e premi», scrive Feltri, cui sta a cuore dipingere l’importante stagione di Mr. Luca al Lingotto. Seguiamolo per qualche riga: «A Torino c’è l’impressione diffusa che lui abbia in mente di diventare un manager padrone, unico decisionista in una galassia famigliare disgregata e in cerca di nuovi punti di riferimento. Che voglia cioè affermare la supremazia del manager sull’azionista. Ma a frenare questi propositi egemonici interviene l’ultimo grande vecchio rimasto a vegliare sui destini della Fiat: Gianluigi Gabetti». Da questa biografia non autorizzata emerge chiaramente che l’ascesa dell’uomo è in gran parte dovuta all’«adozione» di Gianni Agnelli (di cui, bando alle facili ironie, non è figlio, ndr), del quale ha ottenuto amicizia e stima fin dalla gioventù. Un viatico che gli ha permesso, nonostante qualche clamoroso incidente di percorso, di occupare parecchi posti chiave nella società italiana.
Anche se a scuola «copiava», come disse lui stesso nel 2007 davanti ai giovani della Luiss di cui, all’epoca, era presidente, non bisogna trascurare il graffiante ricordo che tracciò di lui Diego Novelli, prima responsabile della redazione piemontese per l’Unità e poi sindaco comunista di Torino, ricordo che Stefano Feltri riporta: «Montezemolo era un manager della stagione post vallettiana, in cui l’azienda cercava di aprirsi un po’ all’esterno». Novelli aveva soprannominato Montezemolo, nei suoi anni ruggenti da responsabile delle relazioni esterne alla Fiat, «Libera&Bella», prendendo il nome da un famoso shampoo, «adatto per il suo ciuffo». E ancora: «Montezemolo era bravissimo nel tenere le relazioni, nell’invitare a cerimonie, nell’organizzare incontri, sfruttando il fatto che tutti vedevano in lui il pupillo dell’Avvocato». Ma sono anche gli anni in cui «sui muri di Torino però appare una scritta che non è mai stata dimenticata: Montezemolo, ricordati che non sei un Agnelli».
Montezemolo, magari non tutti lo ricorderanno, è stato anche protagonista di una stagione romana della politica a fianco di Umberto Agnelli. Nel libro vengono a tal proposito riprese le parole di Andreotti: «Umberto Agnelli fu senatore democristiano di Roma nella settima legislatura. Gli curò la propaganda personale Luca di Montezemolo, con opportuna parsimonia che gli avevamo raccomandato per non suscitare nelle sezioni aspettative di lucro, alle quali tutti noi non saremmo stati in grado di far fronte, né allora né per il futuro». Umberto e Luca che sbarcano assieme a Roma vengono fotografati da una celebre battuta di Fortebraccio, il corsivista dell’Unità: «Arriva Umberto Agnelli scortato da Luca Cordero di Montezemolo, che non è un incrociatore». Ma che lui si chiami Montezemolo, sia amico di Gianni e Umberto Agnelli, a Roma non suscita reverenza: «La notte prima del voto, mentre si aggira a ponte Milvio per controllare la situazione dei manifesti elettorali, alcuni attacchini lo riconoscono e gli urlano: A’ Lu’, ritornate’ in Ferrari!».
E «Lu’», prima di seguire il consiglio e dopo la cacciata di De Benedetti dalla Fiat, continuerà a far carriera all’ufficio Pubbliche Relazioni del gruppo. «C’è chi sostiene - chiosa Stefano Feltri - che Luca di Montezemolo non farà mai politica attiva e che tutto il suo impegno civico non sia altro che una forma di lobbying a favore dell’unica attività che davvero gli interessa: i treni. Cioè la Nuovo trasporto viaggiatori, la più ambiziosa delle avventure di Montezemolo come imprenditore. Ma c’è anche chi obietta che l’affare, Montezemolo, l’ha già fatto, perché ancora prima che i treni della Ntv comincino a calcare le rotaie il valore della società si è già moltiplicato di parecchie volte. Quindi potrebbe uscire già ora dall’investimento, vendendo le sue quote. E puntare, libero da conflitti di interesse, a Palazzo Chigi». Sul treno di Casini e del Terzo polo? Mah.

Allora casca a pennello il sottotitolo del libro di Stefano Feltri: «Tutti conoscono Montezemolo, nessuno sa chi è davvero».

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