Un libro per raccontare la storia della corporazione, che vuole essere anche una guida ad una visita inusuale della città, sulle tracce della sua tradizione lapidea. È con il volume «Università dei Marmorari di Roma 1406-2006» di Dario Del Bufalo, presentato ieri al Castello della Cecchignola, che lantica corporazione dei marmorari romani decide di festeggiare il sesto centenario della sua nascita ufficiale. La fondazione, infatti, è documentata al 1406, ma la lavorazione dei marmi a Roma ha origini più remote, che si ricollegano direttamente allImpero, dominato dal gusto di decorare ville private ed edifici pubblici con contrasti di marmi bianchi e colorati. La pratica del riuso di tali materiali nasce con il Medioevo e vede protagonista la città con i suoi numerosi marmisti, scalpellini, scultori e mosaicisti.
La tradizione subì una battuta di arresto in seguito allo spostamento della sede papale ad Avignone con la conseguente interruzione delle committenze pontificie, che portò i marmorari romani a riunirsi in corporazione «per esigenze di mutuo soccorso». Era il Papa, infatti, a detenere dallVIII secolo il diritto a concedere lautorizzazione alla spoliazione di antichi edifici diroccati, usati come vere e proprie cave per reperire materiale. È in seguito all«assenza» pontificia che nasce lUniversità dei Marmorari, la più antica corporazione italiana regolarmente certificata. «Listituzione - spiega Del Bufalo - non ha più carattere corporativo-sindacale, ma di ricerca e divulgazione di storia e segreti di unarte che rischia di andare perduta». Alla pubblicazione del volume si accompagna la riedizione di uno dei testi più significativi su uso e manufatti di porfido, «Antike Porphyrwerke» di Richard Delbrueck.
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