Ecco le nuove prove d'amore ai tempi del covid

Tra tendenza all’isolamento e voglia di festa, paure, incertezze e app che aiutano a calcolare il rischio di contrarre il virus nella vita quotidiana, ognuno mette a punto la sua ricetta per convivere con l’ennesima variante che non dà segno di tregua. Ecco come

Ecco le nuove prove d'amore ai tempi del covid

“Sei vaccinato, ma non basta. Attendiamo il risultato del tampone prima dell'evento.”

R.S.V.P con tamponi negativi. Nei passati giorni di festa gli italiani hanno dato prova di grande senso civico. Come dimostrano l’esaurimento dei test rapidi in molti negozi e le lunghe code davanti alle farmacie per effettuare tamponi antigienici anche in previsione delle feste e riunioni in famiglia o tra amici. Un bastoncino infilato su per il naso, un po’ di fastidio, tanta ansia per l’esito che, se positivo, manda all’aria party ed apre le porte all’isolamento, ma in definitiva un gesto importante ed altruistico, anche se già dotati di super green pass, per proteggere gli altri e se stessi. Un comportamento adottato da adulti ma anche da giovanissimi.

“Ci vediamo tamponati” poiché durante le festività e la notte di capodanno, archiviato per prudenza il trenino a suon di samba, mantenere due metri di distanza dall’amico del cuore indossando la mascherina, rinunciare ad un abbraccio e ad un brindisi ravvicinato pareva, soprattutto per i ragazzi, improbabile.

Gli ultimi dati parlano chiaro: chi rischia di più sono quelli senza vaccinazione o con il ciclo non ancora completato poiché il vaccino, con doppia dose (da meno di 120 giorni) ma soprattutto con booster, copre in maniera significativa da forme gravi ed effetti avversi evitando anche l’ospedalizzazione ma non rende nessuno immune da contagio.

Ma cosa ci si deve aspettare nel caso in cui, nonostante la certificazione covid completa e valida, il tampone antigienico negativo, poi ci si infetta (fortunatamente senza gravi conseguenze)? Potremmo obiettare, come ha affermato Jovanotti in alcune delle sue stories dove racconta di essere risultato positivo solo in seguito ad un tampone di tipo molecolare, che ”non è che i tamponi rapidi siano così efficaci”? Oppure ragionevolmente sostenere che i test, per essere attendibili, debbano essere effettuati nella finestra temporale corretta?

Quali altre precauzioni prendere per passare giorni sereni in famiglia senza scatenare la caccia alle streghe?

Perché l’indagine su chi, senza intenzione, potrebbe teoricamente propagare il virus durante un pranzo blindatissimo tra parenti prende la forma dell’epurazione. Ci si scruta sottecchi indagando sulle abitudini personali per stabilire quali siano i soggetti da cui mantenere le distanze fisiche. E nell’inseguimento all’untore si perde il buon senso e il bon ton.

I già fragili equilibri familiari mostrano le crepe, si accendono malumori, si insinua il dubbio e il coronavirus si frega le mani minacciando i rapporti di parentela.

E se sbandierare la negatività del proprio test postandolo sui social fa pensare all’ultima frontiera del narcisismo che passa dall’atavico desiderio di accettazione, di contro, l’inaspettata postuma scoperta di positività in un soggetto vaccinato, asintomatico e tamponato qualche giorno prima con esito negativo, cade come una scure sull’ultima certezza in questo scenario di precarietà.

L’incredulità apre il portone al gigantesco senso di colpa che si accomoda disturbando fino ad un nuovo tampone negativo, con la speranza recondita di appartenere alla ridotta percentuale dei falsi positivi.

Nel frattempo, il peso di comunicare il nefasto evento ai contatti stretti (intercorsi nei due giorni precedenti l’effettuazione del tampone positivo, secondo le ultime disposizioni) diventa un’impresa coraggiosa con la consapevolezza che si verrà ripudiati e che le reazioni non saranno serene.

E giù a scervellarsi su dove, quando, cosa e chi si può avere toccato ed incontrato, ripercorrendo fotogramma dopo fotogramma il film delle ultime 48 ore della propria vita alla ricerca dell’indizio, visualizzando il bar che si è osato frequentare per un fugace caffè con la mascherina a penzoloni sull’orecchio e richiamando alla mente i volti a metà di altri avventori avvicinati a meno di 2 metri di distanza per un tempo ridotto, o riportando alla mente i prodotti maneggiati al supermercato e il numerino preso in farmacia senza forse prima disinfettarsi le mani.

E chi, stremato, non regge più la pressione e propende per l’isolamento totale sa che il vivere da eremita indotto da Covid può all’occorrenza diventare un pretesto plausibile per esimersi dalle incombenze sociali meno gradite: basterà menzionare un banale raffreddore per giustificare l’assenza ad un appuntamento indesiderato.

Regna indisturbata l’incertezza e la nostra società non la digerisce. Abituati a programmare nei dettagli la vita con piani articolati scorgiamo all’orizzonte le varianti del coronavirus che con furia rimescolano le carte e scuotono i pilastri già traballanti delle nostre sicurezze.

Ma chi non ha intenzione di gettare la spugna ed è ancora alla ricerca di qualche granitica certezza sulle probabilità di ospedalizzazione e morte in seguito a tampone positivo può consultare sul web, a scopo di cultura personale, innumerevoli app come quella messa a punto dal Leumit Research Instituute.

Essenziale, con pochi elementi da riportare: età, sesso, stato della vaccinazione, indice di massa corporea, parametri su emoglobina e funzionalità renale da inserire e 3 dati da spuntare o non evidenziare a seconda della propria storia clinica: ipertensione, malattie polmonari e neoplasie maligne.

E allora, armati di vaccino più booster come scudo, prese le precauzioni rituali come il distanziamento e l’uso della mascherina Ffp2 o Ffp3, effettuati i tamponi a ridosso di incontri e riunioni, ci si può avvalere anche di app e siti aggiornati ad hoc che con questionari specifici aiuterebbero a valutare il rischio che si corre partecipando a messe, eventi, viaggi, visite famigliari o compiendo le azioni più comuni della vita quotidiana, come fare la spesa.

In tempo reale si riesce a conoscere il grado di affollamento del ristorante, supermercato o parrucchiere che vorremmo visitare, così da poter pianificare uscite e commissioni in orari e giorni congeniali.

Qualche domanda a cui rispondere (in soli 3 minuti) prima di incontrare amici e parenti?

Le persone che vedrai saranno tutte vaccinate? Ci saranno ragazzi giovani che frequentano la scuola? Sono anch’essi vaccinati? Toglierete la mascherina? Se sì per quanto tempo? Sarete all’aperto o al chiuso? In base alle risposte fornite si ricevono risultati asettici che calcolano la percentuale di rischio da basso ad alto, cancellando l’aspetto emozionale che invece entra in gioco quando si deve rispondere ad un invito inoltrato da persone con cui si ha un legame affettivo o di lavoro.

I grafici fatti di numeri e statistiche riportano una parvenza di ordine scientifico e la possibilità di aver un’indicazione super partes rassicurante.

Il loro uso, alla stregua di una app meteo utile per

pianificare attività ludiche e di lavoro, per molti è diventato strumento indispensabile per scandire i ritmi di vita quotidiana, soprattutto nelle grandi città. Nella speranza che questi stragemmi possano essere abbandondanti.

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