Non credere nelle scelte facili e non tollerare le banalità. Sono due dei comandamenti di Silvano Samaroli, uno dei più grandi imbottigliatori e selezionatori indipendenti di scotch. E sono sicuramente anche due cardini del lavoro della famiglia Psenner, storici produttori di acquavite e grappa, che da poco si sono messi in mente di distillare whisky in Alto Adige, e per la precisione a Termeno. Whisky che nasce sulla Strada del vino, alla faccia appunto delle scelte facili.
D'altronde non è un caso se le memorie di Samaroli si intitolano «Whisky eretico» e il nuovo prodotto di Psenner si chiama appunto eRètico. Un po' perché affonda le radici nelle Alpi Retiche, un po' perché l'Italia è storicamente terra di grappe e amari, liquori e recentemente perfino gin. Ma non di whisky. Non lo è per tradizione ma neppure dal punto di vista climatico, tanto è vero che uno dei maggiori esperti mondiali di scotch, commentando un altro recente prodotto italiano, ha dichiarato sconsolato: «Fate grappe senza uguali al mondo, perché non continuate così?». Semplice, perché abbiamo dato i natali a Giordano Bruno e Galileo e abbiamo letto Nietzsche, per cui sappiamo che le convinzioni erronee sono peggio delle bugie.
Ed ecco dunque che - dopo i primi pionieri e i loro imbottigliamenti dai risultati rivedibili - pochi mesi fa è nato il primo single malt italiano, l'eRètico Psenner appunto, che anche al Vinitaly ha riscosso interesse e curiosità. L'invecchiamento è di soli 3 anni, passati «vagabondando» da barrique ex grappa a botti ex sherry per finire di nuovo in ex grappa. Un procedimento che grazie ai travasi e a legni molto attivi regala al distillato di solo malto una ricchezza e una maturità notevoli.
Nei prossimi anni - spiega Werner Psenner, il titolare - eRètico sarà prodotto in edizione limitata e distribuito (tra i 65 e 75 euro) tramite il canale Horeca soprattutto nei mercati italiano, tedesco, austriaco e svizzero, anche se le richieste arrivano un po' da tutto il mondo. E di sicuro ne fioccheranno molte di più in futuro, quando la produzione si attesterà intorno alle 10mila bottiglie e cominceranno gradualmente ad arrivare in commercio gli invecchiamenti di 5, 10 e 15 anni, che si preannunciano molto più strutturati ed evoluti.
Ma com'è questa chimera 100% italiana tanto quanto il mirto, il nocino o il Barolo? Non banale, direbbe Samaroli. Anzi, piuttosto unico, con una potenza di aromi inconsueta in un malto così giovane. Merito ovviamente delle barrique ex grappa (e che grappa!), che regalano un'impetuosa irruenza ai sentori di cereale e fieno. La grappa si sente eccome, può piacere o meno, ma di sicuro non stona. Fa da contraltare alla dolcezza di pasticceria, frutta cotta e miele e cede il passo a un finale speziato in cui il legno tostato emerge piccantino. Magari non troppo evoluto, lascia intravvedere un bel potenziale e un gran carattere, che sta soprattutto nel coraggio di non scimmiottare gli scozzesi, lanciandosi in qualcosa di dannatamente nuovo.
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