Liguria, Pdl primo sulla terra rossa

Berlusconi vince grazie ai candidati locali Genova illude il Pd, Savona ribalta le cose

da Genova

Al tie-break. Un passante che infila la sinistra già venuta a rete per chiudere il match. Si giocava sulla terra rossa in Liguria, ma anche lì per Silvio Berlusconi è gioco-partita-incontro alla fine di una maratona. Vince alla Camera, ma vince soprattutto al Senato: 9.799 voti. Appena più dell’1 per cento di vantaggio, ma tanto basta per fare bottino pieno: cinque senatori (quattro al Pdl e uno alla Lega) contro tre (tutti per il Pd).
Ma questa è la fine. È il momento in cui a Genova qualcuno improvvisa persino un carosello in auto come dopo un mondiale vinto. Ma sulla terra rossa di Liguria la vittoria è più sudata, un voto dopo l’altro, come si diceva. Ma anche come forse in pochi credevano. La partita si fa subito difficile, perché i primi numeri che arrivano sono quelli dei seggi genovesi e dei paesini dell’entroterra. Il Pd sembra dilagare, altro che tenere. Exit poll, seggi campione, proiezioni. Non c’è scampo per la coalizione di Silvio Berlusconi. Sembra tutto scontato. Persino i dirigenti del Pd, fino a quel momento rinchiusi nelle loro stanze all’interno della sede regionale, mandano in sala stampa i primi dati di partito. Dieci seggi significativi, poi le prime cinquecento sezioni scrutinate. L’avanzata sembra inarrestabile: il Pd vola al 44.02 e Di Pietro non è da meno con un 5.56 per cento. In totale un’avanzata del 9.22 rispetto a due anni fa. Come si può pensare che la Liguria, già vinta con Prodi, possa riservare sorprese? Anche la Sinistra Arcobaleno è in picchiata. Per il premio di maggioranza regionale c’è solo da aspettare la fine del match.
Sarà, però gli sguardi dei dirigenti cambiano. I dati smettono di filtrare. Poi l’ammissione: «Stanno arrivando sezioni brutte». Il tracollo circola con la targa di Savona, quella provincia che il centrosinistra governa: Veltroni finisce sotto di 10 punti. Spezia è un serbatoio di voti, ma dopo il governo Prodi anche per il Pd fare il pieno costa troppo. Non resta che qualche timido passo avanti da Imperia, ma quello è il feudo di Claudio Scajola e l’abisso a favore di Berlusconi è incolmabile. Il Tigullio, la provincia genovese di Levante, è «bianco» da sempre e non si smentisce. Ecco che non bastano neppure le ostinate proiezioni che la Rai continua a mandare in favore del centrosinistra a ridare speranze a Mario Tullo, segretario regionale dei Ds prima e del Pd adesso. La sconfitta si fa inevitabile verso le 20, quando i dati sembrano ancora parziali, ma alla sede arrivano anche pochi attivisti, tutti con la testa bassa. E Roberta Pinotti, responsabile nazionale Pd della sicurezza, e neo senatrice, riconosce i meriti agli avversari. Soprattutto alla Lega: «Ha saputo essere presente, sul territorio e sui fatti di cronaca. C’era sempre per prima quando c’era un problema di sicurezza, o per un campo nomadi. Non sono d’accordo sui contenuti, ma hanno lavorato bene».
Dall’altra parte si festeggia la vittoria più insperata insieme a Liberaldemocratici di Dini, pur se non presenti nelle liste. Ma la prudenza sconfina nella scaramanzia. Con un solo, piccolo rimpianto per il Pdl: il quinto senatore, quello che avrebbe visto eletto lo spezzino Luigi Morgillo, va alla Lega. La differenza l’hanno fatta proprio le liste. Pdl e Lega hanno candidato i liguri, almeno uno per provincia.

Il Pd ha sfidato il territorio, catapultando tutta una serie di big romani, da Giovanna Melandri capolista alla Camera, a Stefano Fassina, consigliere di Vincenzo Visco, al Senato. La ministra, ormai ex, ce la fa, naturalmente. Fassina no. È fuori, come la Sinistra Arcobaleno, un’Udc dimezzata e una Destra che non sfonda. Il resto? Non pervenuto. Gioco, partita, incontro. Anche sulla terra rossa.

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