Cultura e Spettacoli

Linus: "A radio Deejay la mia maratona di trent'anni"

Quasi quasi ci siamo:trent’an­ni di Radio Deejay. E un po’ meno di Li­nus che ne è diventato l'animo pulsante e pensante

Linus: "A radio Deejay la mia maratona di trent'anni"

Quasi quasi ci siamo: trent’an­ni di Radio Deejay (primo febbra­io 1982, in onda solo musica e un po’ di jingles).E un po’ meno di Li­nus, che lì è arrivato nel 1984 ma in quattro e quattr’otto ne è diventa­to l’anima. Pulsante e pensante. E adesso è così famoso che dici Li­n­us e non pensi neanche più al mi­glior amico di Charlie Brown. Da al­lora, ossia tre ere musicali fa, la sua voce è sempre uguale, giusto un fi­lo meno squillante, ma poco poco. E allora immaginatela proprio in questo momento mentre, con qualche vampata di orgoglio, rac­conta la storia dell’unica radio che sia diventata un network non solo di musica ma anche di sensazioni, di stili e,insomma, di way of life (co­sì importante che è un termine di paragone, piaccia o no).

Scusi Linus, da tanto tempo il vostro slogan è «one nation one station», una nazione una radio. È ancora attuale? Pare di no.
«E invece è ancora attuale, so­prattutto per una radio come la no­stra che non fa compromessi». Addirittura. «Le radio sono cambiate, oggi hanno più voglia di essere una sem­plice colonna sonora della giorna­ta. Noi no. Perciò siamo controcor­rente rispetto al mercato». Claudio Cecchetto è il fondato­re di Radio Deejay, lei il diretto­re. Come Scalfari e Mauro a Re­pubblica . «Ma Cecchetto qui non c’è più. Purtroppo o per fortuna».

Lo inviterà alla festa dei trent’anni?
«Bella domanda. Non ci ho anco­ra pensato. Noi siamo due ex fidan­zati litigati. Capisco il suo risenti­mento ma lui sa bene che qui nes­suno ha mai tramato contro di lui ».

All’inizio Deejay era il simbolo della musica «unz unz».
«Lo è stato. Non potevamo piace­re ai metallari o a chi ascoltava solo musica italiana. Poi siamo cambia­ti. Attraverso tre blocchi musica­li ».

Ossia?
«Il primo fatto di Soft Cell, Du­ran Duran, Human League e via di­cendo. Il secondo con il mostruo­so succes­so di Albertino che ha pre­ceduto quello attuale di deejay co­me Bob Sinclar e David Guetta».

E il terzo?
«Conserviamo la dignità musi­cale del nostro marchio». Si spieghi meglio. «Siamo tra le poche grandi radio a passare brani di Radiohead».

Per qualcuno Radio Deejay in trent’anni ha camminato sul fi­lo (musicale) teso tra Sandy Marton e Prodigy. A proposito: Sandy Marton?
«Se la sta spassando. A quanto ne so, vive a Ibizia godendosi la vi­ta. Sa bene come fare, a modo suo». Deejay è un ufficio di colloca­mento poderoso. La prima vo­ce in onda è stata quella di Ger­ry Scotti. «Il più bravo di tutti a far radio».

E a far tv?
«Ha dato solo il 70 per cento. Lui è il vero David Letterman italiano e glielo dico sempre».

Fiorello?
«È arrivato nell’89: era a piedi scalzi e aveva una valigia con i calzi­ni che spuntavano dai bordi. Un selvaggio. Oggi è più organizzato ma è identico ad allora. Con i primi soldi del karaoke si comprò uno dei primi macchinoni con il telefo­no a bordo. Ma il proprietario tolse l’antenna sulla capote e Fiorello andò in giro per sei mesi con lo scotch a tappare il buco».

L’altro «testimonial evoluti­vo » di Radio Deejay è stato Jo­vanotti.
«Fa il cantante sapendo di non avere una grande voce. E questa è la sua forza: lo obbliga a rinnovarsi sempre». Da un po’ c’è Fabio Volo. «Bizzarro. Grazie anche ai social network, un tipo con la sua perso­nalità può diventare oggetto di in­sulti tanto gratuiti quanto violenti. E mi fa tenerezza perché so quanto lo rendano triste».

Il primo slogan di Radio De­ejay è stato «In poche parole tanta musica».
«Ci siamo evoluti, no?».

Per forza, è cambiato tutto, non è soltanto arrivato il web. Anche la musica non è più la stessa.
«Mio figlio a 16 anni ne ha a di­sposizione una quantità immen­sa. Io quand’ero ragazzo ho fatto la colletta per comprarmi Wish you were here dei Pink Floyd».

La radio patisce il web?
«All’inizio mi chiedevano: hai paura che internet uccida la ra­dio? ».

Invece è l’unico media che resi­sta.
«La radio non è solo quell’aggeg­gio di bac­helite che sta sopra la cre­denza della nonna. La radio è quel­lo che sta dentro all’aggeggio».

E l’aggeggio può stare ovun­que: dentro il telefono o la tv. «Si adatta a qualsiasi device. In qualche modo si può anche dire che il web è un device della radio. È naturale che anche Radio Deejay tra un po’ andrà in streaming».

Tra molto meno Nicola Savi­no, il suo partner in «Deejay chiama Italia», andrà all’ Isola dei Famosi . Per presentarla. «C’è uno strano pudore tra me e lui in fatto di tv. Credo che dovrà fa­re meno il bravo presentatore e più il Nicola Savino. Imprevedibile».

Alla fine, Linus, è più difficile fare trenta anni di Radio De­ejay o quaranta chilometri di maratona?
«Radio Deejay senza dubbio. La maratona è una scienza esatta.

E se riesco a farla io, la può fare chiun­que ».

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