Non avesse anche la grana di Santoro e Travaglio da gestire, con Massimo Liofredi, dal 23 luglio scorso direttore di Raidue, si potrebbe essere anche più cattivi. Quella patata bollente lì, il caso Annozero con annessi e connessi, ha scottato mani esperte come quelle di Mauro Masi, direttore generale di Mamma Rai. E, dunque, si può immaginare che per il fresco direttore del secondo canale, quel gioco più grande di lui funzioni da attenuante. Perché, di attenuanti, o meglio, di alibi, il buon Liofredi ha bisogno se si vuol concedergli il diritto all’appello e non condannarlo in via definitiva dopo poche settimane di lavoro. Non è stato lui a dichiarare «il mio mandato è fare una buona tv riportando su Raidue gli ascolti»? Invece, per adesso, sta accadendo il contrario e il «mandato» si sta trasformando in un miraggio. Soprattutto l’audience del pomeriggio, dal 21 settembre a oggi è calato di oltre quattro punti rispetto all’anno scorso (6,6 per cento, mentre Italia 1 viaggia oltre l’11, quasi il doppio). E le cose non vanno meglio in prima serata dove, rispetto all’autunno 2008, il saldo è negativo di oltre due punti (quasi tre se si toglie Annozero, il programma che Liofredi considera ospite nella sua rete).
Dunque, il pollice è all’ingiù. Ma a ben guardare c’è poco da stupirsi. Romano, fluenti boccoli biondi nonostante i cinquantaquattro anni, venticinque dei quali trascorsi «nel settore dello spettacolo» come recita il suo curriculum, al momento della nomina di fine luglio, Liofredi aveva suo malgrado finito per spaccare e rimescolare gli schieramenti nel Cda della Tv pubblica. Proposto dagli uomini del Pdl e osteggiato da quelli della sinistra, aveva cozzato contro l’opposizione di Giovanna Bianchi Clerici, consigliera leghista, che considerava la sua nomina «non particolarmente azzeccata per la missione milanese della rete», consolidata dalla direzione di Marano.
Erano stati i voti del consigliere Udc (Rodolfo De Laurentiis) e del presidente Paolo Garimberti, quest’ultimo di norma astensionista, a issare Liofredi al vertice di Raidue, nonostante la Bianchi Clerici protestasse che si potevano trovare «figure professionali più adeguate». Le perplessità venivano da un percorso professionale da capostruttura di Raiuno non proprio fulgido: Lo Zecchino d’Oro, Linea Blu, Miss Italia, La Partita del cuore e le ultime edizioni, un po’ pasticciate, di Domenica in con troppe donne a litigarsi gli spazi del contenitore festivo. E la sua prima grande idea era stata proprio quella di traslocare nel pomeriggio della seconda rete le donne preferite di Domenica in, Monica Setta e Lorena Bianchetti. La prima, promossa conduttrice del Fatto del giorno (sotto il 5 per cento), un talk show con politici ed esperti scelti su un tema d’attualità, con dibattito e televoto finale. La seconda, lanciata al fianco di Milo Infante alla conduzione di Italia sul due (7 per cento), al posto di Francesca Senette, inspiegabilmente silurata a fine agosto nonostante lo share del suo Italia allo specchio (9 per cento) fosse in linea con quello della rete. Ora la Senette è in attesa di proposte, con il contratto in scadenza nell’estate 2010, anche se Liofredi assicura che rientrerà nel palinsesto di primavera. Il terzo capolavoro del neodirettore è, invece, Scalo 76 talent con un’altra coppia mal assortita composta da Lucilla Agosti e Alessandro Rostagno: 3 per cento scarso.
Però i propositi sono tanti. Qualche giorno fa, oltre a smentire l’intenzione di ridimensionare le produzioni milanesi, al Prix Italia di Torino Liofredi ha annunciato l’idea di un nuovo programma basato su duetti tra mostri sacri della canzone italiana intitolato, fantasiosamente, Due e presentato senza troppa enfasi: «Sarà un programma destinato a restare nella storia della Rai», ha assicurato Liofredi, chiudendo con un crescendo rossiniano: «Sarà l’apoteosi della musica». Tutto si potrà dire, ma non che il neodirettore manchi di ambizione.
Ah, se non avesse l’alibi del caso Santoro-Travaglio...
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