L'Italia va: 3-1 al Portogallo per il rinnovo di Donadoni

"Se c’è fiducia, dev’essere totale" ha detto il ct prima della partita: il 3-1 firmato da Toni, Cannavaro e Quagliarella dimostra che merita il contratto

L'Italia va: 3-1 al Portogallo 
per il rinnovo di Donadoni

Zurigo - L’Italia di Donadoni vuol dire fiducia. Fiducia reclama il ct nel pomeriggio prima di apparecchiare il luccicante 3 a 1 sul Portogallo dal presidente Abete («la fiducia in una persona dev’essere totale» detta alla tv). E fiducia merita la sua Nazionale al culmine del primo dei due test seminati lungo i quattro mesi che ci dividono dall’europeo. Fiducia piena e stima immutata nel gruppo proveniente dalle magie di Berlino e reduce da una qualificazione complicata ma raggiunta con un magnifico colpo di coda in Scozia. Perché il successo di ieri sul Portogallo oltre che confermare un’antica tradizione (da 35 anni non si perde coi lusitani) lucida gli ottoni di una squadra che non tradisce mai nelle grandi occasioni.

Il 3 a 1 di ieri sera sulla schiena del Portogallo è una bella iniezione di energie positive per il calcio italiano a qualche settimana dal ritorno della Champions, è anche la spinta a proseguire sulla strada tracciata in attesa delle guarigioni di Buffon, Materazzi e Gattuso che possono aggiungere classe e temperamento. Quest’Italia ha il grilletto facile, il gol è uno sbocco quasi scontato quando si ha davanti gente del calibro di Toni e Di Natale oppure quando si gode del genio specialissimo di Andrea Pirlo. Sono loro i magnifici protagonisti di una seconda frazione ancora più accattivante della prima, scandita dalla stoccata del milanista (deviata dal piedone di Cannavaro) oltre che dalla rovesciata volante di Quagliarella appena entrato al posto di Palladino. Il contropiede è la sua arma letale alimentata dai blitz di Oddo e Grosso, dalle incursioni di Ambrosini.

Il Portogallo che ha fama di squadra di rango si disperde in modo inquietante: è come se avesse la testa da un’altra parte. Scolari, il suo ct, poi tra un tempo e l’altra ne modifica profondamente lo schieramento forse per raccogliere qualche alibi in più rispetto al pesante fardello delle tre pappine. La sua reazione, orgogliosa, si lascia apprezzare solo nella parte finale dell’amichevole (gol di Quaresima) prima di disperdersi a causa della scarsa tenuta stagna della difesa messa sotto dall’ultimo contrattacco azzurro (Grosso-Di Natale-Quagliarella).

Bisogna venire da queste parti per recuperare l’entusiasmo intorno alla Nazionale. I paisà di Zurigo e dintorni garantiscono agli azzurri un’accoglienza sconosciuta nel Belpaese, gli organizzatori fanno il resto con fuochi d’artificio. Solo Blatter, il presidente della Fifa, incassa un bel numero di fischi: come dimenticare l’affronto di Berlino? Possiamo scommettere: a giugno gli azzurri godranno di un largo e affettuoso appoggio. Si fanno sentire anche i portoghesi, l’altra metà dello stadio. Meno si fanno apprezzare i loro beniamini con la casacca amaranto. Menano il torrone secondo tradizione almeno per tutto il primo tempo liberandosi al tiro vero solo una volta con Cristiano Ronaldo su punizione da distanza ragguardevole. Le altre significative iniziative sono merito dell’abilità balistica di Deco, capace di trovare da angolo la testa di qualche sodale. Chi paga il biglietto (80 euro per una tribuna) può ammirare le giravolte di Pirlo (annullato misteriosamente il suo gol con un sinistro a girare) invece delle piroette della stella del Manchester. Il Portogallo va poco al sodo, l’Italia di Donadoni invece rischia di lasciare il segno appena libera con manovra sciolta Di Natale al tiro oppure mettendo in azione Grosso sul binario di sinistro.

L’ultimo cross della prima frazione è quello buono (Di Natale lo “cicca”, Toni no), il primo affondo della seconda frazione sigilla il risultato (Pirlo non perdona grazie anche alla deviazione involontaria di Cannavaro). Scolari cambia subito all’intervallo, Donadoni spalanca la porta ai suoi dopo l’ora di gioco. La sua Italia vuol dire fiducia. E forse se la merita.

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