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Lite sulla sepoltura: perché Milano non può avere le spoglie di Caravaggio

Pretendere che i suoi (presunti) resti siano traslati al Famedio in base a un atto di battesimo è solo una forzatura burocratica

Lite sulla sepoltura: perché Milano 
non può avere le spoglie di Caravaggio

Una commissione scientifica ha appena selezionato tra confusi mucchi di ossa quelle presunte del Caravaggio e già si scatena la battaglia sul luogo dove dargli sepoltura definitiva. L'individuazione dei resti è avvenuta nel cimitero di Porto Ercole, dove il pittore è morto e giace da 400 anni esatti. La certezza che sia lui non è totale ma, dopo l'esame del dna, solo dell'85 per cento. Il dubbio sull'autenticità non ha scoraggiato il leghista Matteo Salvini dal reclamare le spoglie per Milano. Il sindaco Letizia Moratti appoggia l'iniziativa e progetta di sistemarle nel Famedio dei milanesi. La base su cui poggia la pretesa di scippare alla Toscana Angelo Merisi detto il Caravaggio è: a Milano è stato battezzato e le autorità cittadine sono in possesso della relativa certificazione.

L'argomento è il più spoetizzante e burocratico tra quelli mai avanzati per giustificare una sepoltura. Esclusi i casi in cui si muore insepolti - nelle profondità marine o tra le fauci delle iene -, il posto della tomba ha profonde motivazioni autobiografiche.

Innanzitutto, tornare là dove si è nati. Nel caso di Angelo Merisi, battesimo a parte, non è affatto certo che abbia visto luce a Milano. È più probabile sia originario, come i genitori, di Caravaggio, in quel di Bergamo. Altro luogo ideale di dimora permanente - per la sua intuitiva semplicità - è quello della morte. Quindi, poiché Merisi ha esalato l'ultimo respiro in zona Argentario, è bene che vi resti come fa ormai da secoli. A questa regola si sono attenuti Dante, Petrarca e Leopardi che giacciono rispettivamente a Ravenna, Arquà e Napoli.
Sono certo possibili eccezioni a questi due principali criteri di sepoltura. Ma per fondati motivi. Per esempio, se c'è una tomba di famiglia. È il caso di due ex re d'Italia, Carlo Alberto e Umberto II che, morti entrambi in esilio, sono poi stati riuniti nel pantheon dinastico di Hautecombe in Savoia. Come è accaduto pochi giorni fa con l'eroe di guerra Amedeo Guillet, spirato a 101 anni. Nato a Piacenza, ha onorato l'Italia con le sue gesta in Africa, Yemen e India, ha vissuto a lungo in Irlanda, è morto a Roma, ma è stato tumulato nell'avello familiare a Capua. Lecito anche stabilire in anticipo dove riposare per l'eternità. La scelta, in genere, cade sul suggestivo isolotto di San Michele, cimitero di Venezia, così simile all'Isola dei morti, l'inquietante di dipinto di Boecklin. La riuscita del progetto dipende però dallo zelo con cui i parenti rispettano le ultime volontà. Quelle di Richard Wagner, che lo avrebbe desiderato e che ebbe la fortuna di morire proprio a Venezia, furono disattese ed è stato traslato a Bayreuth. Fu invece accontentato Igor Stravinskij che, morto a New York, è sepolto a San Michele. Senza sbavature il trapasso di Ezra Pound che amava la città lagunare con ogni fibra della sua grande anima: a Venezia è morto e lì riposa.

C'è poi chi non può decidere nulla perché la sua grandezza lo eleva a simbolo e la palla passa alla nazione di appartenenza. Foscolo sognava di tornare nella natia Zante, Alfieri di essere sepolto tra i cavalli, Rossini era perfettamente ambientato a Parigi, ma tutti e tre sono stati invece sistemati d'autorità nella basilica di Santa Croce a Firenze tra i padri della Patria. C'è anche chi si preordina la sepoltura decantando in vita il suo luogo ideale. Così ha fatto il poeta francese, Paul Valéry, autore del celebre Cimitero marino che altro non era che il camposanto di Sète in Provenza dove poi è stato effettivamente inumato.

Fin qui, è tutto abbastanza lineare. Le complicazioni nascono nei casi di tombe multiple delle medesime spoglie mortali. È il destino dei santi. Le diverse parti dei loro corpi, col nome pio di reliquie, sono sparpagliate ai quattro venti in base alle devozioni locali. Analogo trattamento hanno subito i resti di alcuni sovrani, soprattutto delle dinastie francesi. I cuori sono conservati nella magnifica chiesa di Saint Denis poco fuori Parigi, la parte restante in altri pantheon cittadini.

Itineranti infine le vicissitudini di alcuni campioni della cristianità dopo le invasioni musulmane. I Re Magi, a lungo sepolti nell'attuale Iran, furono sottratti all'Islam dando loro rifugio prima a Costantinopoli, poi in Sant'Eustorgio a Milano e infine nella tedesca Colonia di cui sono diventati protettori e dove aspettano il giorno del giudizio in una mirabile teca d'oro incrostata di preziosi. Simile la vicenda di San Nicola, vescovo di Mira, l'attuale Dembre in Turchia. Il corpo, custodito nella cripta della diocesi, dopo l'occupazione maomettana fu trafugato da marittimi pugliesi. Portato con ogni onore a Bari ne è divenuto il patrono scalzando il predecessore San Sabino dei cui resti, nella foga del nuovo culto, si sono perse le tracce. Idem, per l'evangelista San Marco. Ucciso ad Alessandria d'Egitto e ivi sepolto, fu sottratto alla profanazione islamica da due mercanti veneziani, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, che lo portarono avventurosamente a Venezia.

La scena del trafugamento è immortalata dal Tintoretto in una grande tela nella quale compare un terzo e ignoto sequestratore della salma, forse frutto di mera fantasia del pittore. Giunto in laguna, San Marco si è imposto alla devozione dei veneziani malgrado i mercanti ne avessero dimenticato in Africa il cranio che dovrebbe tuttora trovarsi a Bucoli (oggi Cairo). A fare le spese del nuovo arrivo fu il precedente patrono, San Teodoro, dimenticato all'istante. Il defenestrato si è però preso la rivincita diventando il santo protettore di Chartres (Francia) sia pure all'alto prezzo di uno smembramento: parte delle sue reliquie sono ancora a Venezia, le altre in terra francese.

Tutto quanto precede, nella sua vivida drammaticità, per dire che i milanesi non possono pretendere il Caravaggio a tavolino sulla base di un banale documento parrocchiale.

Per conquistarsi l'onore di una spoglia di rilievo ci vogliono lacrime e sangue.

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