Londra attacca la torcia: il tedoforo fugge in bus

La neve e gli agenti non frenano i contestatori pro Tibet che scatenano una guerra: un gruppo cerca di spegnere la fiaccola olimpica con gli estintori, un altro di rubarla. Trentacinque persone arrestate

Londra attacca la torcia: il tedoforo fugge in bus

Londra - La rabbia degli attivisti per il Tibet gela la torcia olimpica molto più della neve caduta abbondantemente durante la mattinata. A nulla è servito l'imponente cordone di sicurezza schierato ieri a Londra per proteggere il lungo percorso cittadino della fiamma, giunta la sera prima all'aeroporto di Heathrow. Neppure il tempo inclemente che ha rovesciato sulla città una delle nevicate più generose degli ultimi anni è riuscito a raffreddare la rabbia dei contestatori. La giornata di ieri si è rivelata forse ancora più tormentata di quanto temeva la stessa Scotland Yard. E quella fiamma, portata a stento lungo quei 53 chilometri di un percorso deviato all'ultimo minuto per evitare il peggio, protetta a vista da centinaia di agenti, è diventata suo malgrado un ospite non gradito, il simbolo di un comportamento che non può più essere supinamente tollerato.

I problemi sono iniziati già al mattino presto con centinaia di militanti pro-Tibet che hanno atteso con striscioni e bandiere di protesta il passaggio della fiaccola a Bayswater Road, nella zona sud-ovest della città. La cerimonia vera e propria è cominciata alle 10.30, allo stadio di Wembley in un'atmosfera quasi surreale con la neve che cadeva fitta. Il primo degli 80 tedofori è stato il campione olimpico di canottaggio Steve Redgrave, vincitore di cinque medaglie olimpiche, ma la sorte peggiore è toccata ad un altro suo collega Chris Parker che si è visto arrivare addosso due agguerriti manifestanti, Martin Wyness e Ashley Darby, che si sono gettati sulla torcia con due estintori tentando di spegnerla, subito bloccati dalla polizia. «Non abbiamo nulla contro il popolo cinese - hanno fatto sapere poi - ma contro il brutale regime che lo governa e con l'orribile trattamento riservato ai diritti umani. La Cina non ha diritto di far passare la fiaccola per Londra». Un altro manifestante ha tentato di sottrarre la torcia alla presentatrice Konnie Huq, mentre la scena veniva ripresa in diretta dalle televisioni di mezzo mondo.

Gli incidenti e gli arresti - trentacinque in tutto - sono proseguiti durante tutto il percorso cittadino, tanto da costringere gli organizzatori ad un cambiamento di rotta. Dopo che l'ambasciatore cinese con una mossa imprevista aveva fatto passare i tedofori attraverso il quartiere cinese di Chinatown, la torcia è stata precipitosamente fatta salire a bordo di un autobus in direzione della Cattedrale di St. Paul. Clima arroventato davanti al numero 10 di Downing Street dove la fiaccola era attesa dal primo ministro Gordon Brown. Secondo fonti della polizia c'erano almeno 500 persone assiepate fuori dalla sede governativa e circa duemila nei pressi del British Museum. Lungo tutto il tragitto erano presenti anche dei supporters del governo cinese, che hanno tentato di far sentire la loro voce al grido di «una Cina!». Un sussurro soltanto rispetto al coro di tutti coloro che ieri hanno voluto esprimere la propria solidarietà alle vittime del Tibet. Perfino chi era stato aggredito come Konnie Huq ha voluto commentare l'episodio prendendo le distanze da Pechino: «Ho sempre affermato che il prendere parte alla staffetta olimpica non significa giustificare la Cina in alcun modo».

E quel «shame on China» urlato a squarciagola, sbattuto in faccia alle telecamere e ai politici ha creato non pochi problemi al governo laburista di Brown che ha voluto comunque dare il suo benvenuto ufficiale alla fiaccola.

«La nostra decisione non è un appoggio alla politica repressiva del governo cinese in Tibet - ha dovuto dichiarare in tutta fretta il ministro per i Giochi Tessa Jowell - un comportamento che noi consideriamo assolutamente inaccettabile. Il nostro è un appoggio alle Olimpiadi e a quello che significano per gli atleti». Oggi si replica, identico copione, a Parigi.

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