da Londra
All'inizio di una campagna elettorale che nessuno si filava chi se lo sarebbe immaginato in testa a testa così spettacolare. Invece la corsa alla poltrona di sindaco di Londra, la più importante dei 159 comuni di Inghilterra e Galles per i quali si va a votare quest'oggi, si è rivelata alla fine una battaglia spesso avvincente tra due candidati assai stravaganti più un terzo incomodo nient'affatto male in quanto ad eccentricità. Perfino i media nazionali, noti per la loro moderazione nel dar voce alla politica di casa, si sono visti costretti a dedicare nelle ultime settimane qualcosa di più dei soliti commentini per addetti ai lavori al duello tra il laburista figliol prodigo Ken Livingstone, il conservatore matto Boris Johnson e il liberaldemocratico Brian Paddick uomo molto meno bizzarro degli altri due seppur da segnalare per alcune idee piuttosto originali. Ieri, i primi due avversari hanno deciso di concludere la propria campagna elettorale pigiando forte sull'acceleratore degli insulti personali. Boris ha accusato Ken di essere stanco e corrotto, Livingstone ha inviato ai suoi potenziali elettori un milione di cartoline in cui li si invitava a «non votare per una barzelletta». Paddick non tifa per il primo e per ora ha evitato di schierarsi con il secondo.
Ma queste elezioni sono importanti soprattutto perché costituiscono il primo vero banco di prova per il partito di Gordon Brown da quando quest'ultimo ha sostituito Tony Blair alla guida dell'esecutivo laburista. Per l'ex cancelliere dello Scacchiere sarà un Primo maggio da brivido. I sondaggi che con lui non sono mai stati teneri, in questi ultimi mesi l'hanno praticamente massacrato e la possibilità di una vittoria dei Tories anche al comune di Londra potrebbe avere per Brown un effetto boomerang devastante tale da compromettere anche le prossime politiche. Il quotidiano Guardian fa notare che il premier sarebbe pronto a mettere in campo una strategia nuova per tentare di riconquistare gli elettori chiedendo aiuto direttamente alla base per proporre poi un rinnovato programma di governo. Del resto qualcosa deve pur fare lo scozzese, se vuole perlomeno tentare di arginare quella che viene annunciata dai giornali come «l'estate del nostro scontento», tormentata da una serie infinita di scioperi nel settore pubblico. La marcia su Westminster di migliaia di insegnanti di qualche giorno fa è stato solo un assaggio. Ed è anche per salvare la propria carriera da una fine prematura che Brown ha dovuto suo malgrado appoggiare la causa di Livingstone, laburista scomodo rientrato in un partito che avrebbe fatto volentieri a meno di lui per sempre.
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