A Londra il suicidio assistito non sarà più un crimine

DIFFERENZA Sarà creata la distinzione tra chi si limita a sostenere e chi «incoraggia» una morte volontaria

LondraPresto in Bretagna chi aiuterà a morire un amico o un parente malato terminale non sarà più perseguibile penalmente. Questo è quanto ha dichiarato ieri ai giornalisti il direttore della Procura generale Kier Starmer. La depenalizzazione dovrebbe venir inclusa nelle nuove direttive per l'Inghilterra e il Galles che dovrebbero venir pubblicate questo mercoledì. Un provvedimento che in molti attendevano soprattutto dopo la battaglia legale vinta da Debbie Purdy, una donna malata di sclerosi multipla che si è rivolta ai giudici per sapere esattamente quale sarà il destino del marito nel caso in cui questi dovesse aiutarla ad andare all'estero per un suicidio assistito. Nei mesi scorsi la Camera dei Lord aveva riconosciuto alla Purdy il diritto ad una maggiore chiarezza sulle conseguenze penali in casi come il suo e le nuove linee guide che stanno per uscire costituiscono una prima risposta.
«Quello che ci accingiamo a fare questa settimana - ha spiegato Starmer - è chiarire quando i soggetti coinvolti sono perseguibili o meno dalla legge». Le nuove regole non verranno infatti applicate a chiunque: verranno sempre analizzati tutti i fattori che hanno portato alla decisione finale e dovrà essere ben chiaro se il malato aveva espresso la sua intenzione di farla finita, se invece era stato incoraggiato o soltanto aiutato materialmente a farlo. «È nostra intenzione tracciare un confine preciso - ha proseguito Starmer - che tenda a proteggere le persone fragili e vulnerabili da chi eventualmente potrebbe trarre vantaggio dalla loro morte e allo stesso tempo sia in grado di individuare i casi in cui un'azione legale sia del tutto superflua».
Per ora comunque il suicidio assistito resta un reato, almeno fino a che la legge non verrà cambiata. Proprio nel luglio scorso la Camera dei Lord ha rigettato una proposta di legge per renderlo legale. Organizzare la morte di una persona vittima di manipolazione rimarrà quindi un crimine, ma nei casi come quello della signora Purdy, le cose andranno in maniera diversa. «Persone come me potranno fare finalmente una scelta informata - ha dichiarato la donna - sapendo in anticipo come comportarsi perchè chi ci assiste non venga perseguito». Secondo il procuratore generale le nuove linee-guide rappresentano un primo passo verso la revisione della legge in materia. «Sicuramente costituiscono un modello su cui lavorare per rivedere il Suicide Act del 1961 - ha spiegato ancora Starmer - sono sicuro che la situazione si è evoluta dagli anni Sessanta in poi ed è cambiato anche l'atteggiamento del pubblico nei confronti di chi assiste un suicida. Poichè la decisione di perseguire o meno queste persone dev'essere basata sul pubblico interesse, è fondamentale tener conto anche di questi fattori».
La materia rimane in tutti i casi particolarmente controversa e l'annuncio della Procura non ha mancato di sollevare polemiche. Molto scettiche naturalmente le organizzazioni contrarie all'eutanasia. Il gruppo «Care Not Killing» ha dichiarato che leggerà attentamente le nuove direttive.

«Non ci aspettiamo, come invece pensano in altri ambienti, che le nuove regole offrano automaticamente l'immunità a tutti coloro che aiutano qualcuno ad uccidersi», ha commentato seccamente il direttore dell'associazione Peter Saunders, sottolineando che il suicidio assistito è illegale e così dovrebbe rimanere. «Solo il Parlamento - ha concluso - può assumersi la responsabilità di cambiare le norme che regolano la materia».

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