«Looking-glass», tutta la classe di Philippe Leroy

Giovanni Antonucci

The Looking-glass di Leonardo Petrillo, in scena al Teatro dell'Orologio di Roma e in tournée, è un testo di inconsueto livello che i teatri stabili, soprattutto quelli pubblici così generosamente sovvenzionati dallo Stato, hanno ignorato. Eppure si tratta di una commedia che ha vinto il Premio Flaiano (in giuria Abertazzi e Scaparro) ma che è arrivata sul palcoscenico solo grazie al coraggio di un'associazione culturale non sovvenzionata, Theama Teatro. The Looking-glass, titolo ispirato a uno splendido sonetto di Shakespeare («Non mi comvincerà lo specchio che son vecchio finché tu e gioventù siete coetanei»), è insieme un omaggio all'unicità del teatro e una riflessione su ciò che esso significa per un attore. Protagonisti sono un vecchio e grande interprete, che ha dedicato il suo talento a Shakespeare, e un'allieva o un allievo, che ogni sera si alternano nello spettacolo, attratti dal palcoscenico, ma poco o nulla consapevoli del prezzo che esso fa pagare a chi lo frequenta. Il teatro è, infatti, amore, «non innamoramento come la Tv», ma anche sacrificio, costanza, fatica e soprattutto solitudine. Spesso l'attore vive esclusivamente quando è sul palcoscenico.

Petrillo, dirigendo il suo testo, ha creato uno spettacolo di grande suggestione, interpretato da un sorprendente Philippe Leroy, mai visto, a teatro, così intenso e insieme sottile, così lucido e insieme ironico. Lo affianca Sylvia De Fanti, una giovane attrice di buon temperamento.

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