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Lunardi promuove i cantieri del Mose «Recupereremo anche l’Arsenale»

Il ministro ha osservato da un elicottero i lavori che si concluderanno nel 2011. Garantiti i futuri finanziamenti: «Un progetto unico al mondo»

nostro inviato a Venezia
Avviati nella primavera del 2003, i lavori per la realizzazione del Mose – il sistema di difesa dall’acqua alta studiato per la protezione di Venezia e di tutti gli altri insediamenti lagunari – hanno già quasi esaurito i 1.034 milioni già assegnati dallo Stato, sui 4.134 della complessiva stima di spesa. Ieri il ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, ha visitato i cantieri dall’alto di un elicottero, ne ha apprezzato (anche da ingegnere) lo stato di avanzamento e ha tranquillizzato sull’erogazione dei prossimi finanziamenti. Lo ha definito «un progetto unico al mondo» e ha ipotizzato che nello storico Arsenale, il cantiere navale della Serenissima oggi sottoutilizzato, possano insediarsi attività di manutenzione del Mose. I lavori procedono, per il momento, secondo le previsioni; il completamento è previsto per il 2011 e i cantieri non interferiranno con il traffico navale. Delle tre bocche di porto – Lido, Malamocco e Chioggia – i cantieri più spettacolari riguardano quella di Lido, la più vicina a Venezia, solcata da alcune centinaia di navi da crociera ogni anno (a Malamocco passano invece 5mila tra petroliere e navi mercantili dirette a Porto Marghera). Alla bocca di Lido il sistema di paratoie mobili posate sul fondale e pronte a sollevarsi in caso di maree eccezionali sarà lungo il doppio delle altre; e per meglio unire le serie di «moduli», lunghi 20 metri ciascuno, è in realizzazione un’isola artificiale al centro della bocca, nel punto in cui l’ingresso dall’Adriatico si separa in due canali (quello di San Nicolò verso la città, quello di Treporti verso la terraferma). L’isola è già visibile, parte del perimetro è disegnato con grandi scogli in pietra d’Istria, prelevati in Croazia, stoccati a Chioggia e quotidianamente scaricati dalle navi che fanno la spola. Avrà una forma di trapezio irregolare, circa 8 ettari di superficie e negli uffici del Consorzio Venezia Nuova – il gruppo di imprese private che ha la responsabilità della realizzazione su concessione del ministero – la chiamano provvisoriamente «Isola Novissima», in attesa che qualcuno la battezzi ufficialmente. Ha superato tutti gli studi di impatto ambientale e, oltre a quello infrastrutturale, le sono stati attribuiti scopi nobili: ospiterà un piccolo parco naturale, un approdo protetto, un museo della laguna e delle opere di salvaguardia, accanto ovviamente agli edifici per la gestione delle paratoie del Mose. Gli unici che la guardano ancora con sospetto sono i veneziani abituati a frequentare il «Bacàn», una grande secca sabbiosa che durante la bassa marea si riempie di bagnanti e pescatori e si trasforma in una surreale spiaggia popolare. Il Bacàn, assicurano i tecnici, non subirà alcuna conseguenza.
All’Isola Novissima saranno agganciate due file di paratoie, una verso il Lido, l’altra verso Cavallino, in tutto 41, per un totale di 400 più 420 metri. Le paratoie sono il cuore del Mose, e nelle tre bocche di porto saranno in tutto 79. Ogni modulo è un grande cassone d’acciaio incernierato in alloggiamenti di calcestruzzo posati sotto il fondale; la paratoia in posizione di riposo, piena d’acqua, è coricata sul fondo. In caso di marea eccezionale l’acqua dall’interno sarà espulsa e le paratoie così alleggerite saliranno a contrastare il mare; non si tratterà di una barriera rigida, ma di una diga fluttuante che non interromperà il ricambio in laguna. Il sistema, sperimentato tra il 1988 e il 1992, sarà utilizzato non più di quattro, cinque volte all’anno, solo in caso di maree superiori ai 110 centimetri, mettendo al riparo Venezia dalle devastazioni del passato.

Sotto questa altezza, il mare continuerà a entrare in città (l’ingresso della Basilica di San Marco va sott’acqua con una marea di 65 centimetri soltanto) e le difese sono affidate ad altri strumenti, a cominciare dal rialzo delle pavimentazioni di perimetro nelle parti più basse della città.

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