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L'Uomo Ragno in corsia. "I veri eroi sono i bimbi"

Mattia, 29 anni, si traveste con una missione: dare coraggio e sorrisi ai pazienti più piccoli

L'Uomo Ragno in corsia. "I veri eroi sono i bimbi"

«Da un grande potere derivano grandi responsabilità» è la frase manifesto di Spider Man, uno degli eroi più amati dei fumetti. Quello che si lancia da un palazzo all'altro sparando ragnatele per combattere il crimine. Un supereroe, senza dubbio. Facile però farsi bello dalle pagine di un fumetto o sullo schermo di un cinema. In fondo, basta recitare. Ma il vero supereroe è quello che il grande potere lo utilizza tutti i giorni, prendendosi la responsabilità di far star bene chi soffre. «Ma io non sono un supereroe, sono solo un ragazzo normale. I supereroi li vedo tutti i giorni però, in ospedale». D'altra parte, avete mai sentito un vero supereroe vantarsi delle proprie gesta? Lui, Mattia Villardita, non ce la fa proprio a fare il fenomeno. Eppure ha ricevuto dalle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il titolo di Cavaliere ed è stato invitato in Vaticano da Papa Francesco. Ma se gli chiedi quale sia stato il momento più emozionante degli ultimi anni, non ti racconta né del Capo dello Stato né del Pontefice. Ma dei tanti bambini che incontra negli ospedali di tutta Italia vestito da Spider Man. Perché Mattia un supereroe lo è non perché indossa il costume e la maschera. Ma perché ha deciso di spendere il suo tempo libero per portare un sorriso ai piccoli ricoverati nei reparti di pediatria. Non lo fa per soldi e nemmeno per visibilità. «Probabilmente sono l'unico influencer che non guadagna nulla...», scherza. Lui lo fa per una genuinissima missione. Che parte da lontano.

LA SUA MISSIONE

Buona parte della sua infanzia l'ha trascorsa in ospedale, affrontando una serie di patologie serie. Una malformazione congenita alla gamba destra, una semi paresi al nervo ulnare e una malattia cronica intestinale lo costringono tutt'ora a cure, controlli e visite continue. Cosa sia un ospedale lo sa bene, ma soprattutto sa come un bambino trascorre le sue giornate, cercando di sfuggire a una realtà complicata trovando rifugio nella fantasia. «Lo ricordo come se fosse ieri. Guardavo fuori dalla finestra e speravo che Spider Man, il mio supereroe preferito, venisse a trovarmi per accompagnarmi a fare il prelievo che mi spaventava o anche solo per farmi un saluto. È nato tutto da lì». E quasi vent'anni dopo, durante le feste di Natale del 2018, il sogno di un bambino diventa una splendida realtà. Non per lui ma per centinaia di altri bimbi. Come il Peter Parker del fumetto, da ragazzo normale si trasforma: prende il costume e la maschera e diventa quel supereroe che tanto desiderava incontrare. Torna al San Paolo di Savona, la sua città, nell'ospedale che conosce così bene. Diventa Spider Man e va a tenere un po' di compagnia ai piccoli ricoverati. Rivedendo in loro quello che era lui, un bambino spaventato e annoiato. E da lì, cambia tutto.

A DISPOSIZIONE

Ora lo contattano gli ospedali di tutta Italia, i bambini lo aspettano, non vedono l'ora di vederlo arrivare: 1500 quelli che ha incontrato solo nell'ultimo anno. «Il primario di Savona adesso mi telefona non appena c'è bisogno, sono sempre reperibile», ma ha girato tutta l'Italia, da Nord a Sud. Per stare dietro a tutte le richieste che gli arrivano deve sfruttare ferie e permessi che il porto di Vado Ligure dove lavora gli concede. Non chiede nulla, non guadagna niente. «La famiglia mi aiuta e gli amici mi sostengono ma faccio tutto da solo. Una parte del mio stipendio lo investo in questo progetto, per me è diventata una missione. Cerco di accontentare tutte le strutture che chiedono la mia presenza, è un onore grandissimo che mi chiamino e mi aprano le porte». Sia chiaro, Mattia non è un animatore per feste o un clown a contratto per compleanni o eventi pubblici. Potrebbe sfruttare la fama e la visibilità che ha ottenuto in questi anni e guadagnare fior di quattrini. Ma non ci pensa nemmeno. È diventato una star dei social, seguito da migliaia di persone che non perdono occasione di celebrarlo. «Utilizzando i canali social sono entrato in contatto con tantissime persone. Molti mi chiedono come avvicinarsi al mondo del volontariato o semplicemente come donare il sangue. È come una catena». Le immagini e i tanti video che lo mostrano con i suoi piccoli amici stracciano il cuore. Abbracci, carezze, giochi.

CHE FORZA, QUEI RAGAZZINI

La reazione dei piccoli di fronte al loro idolo non può lasciare indifferenti ed è l'autentico motore della quotidianità di questo ragazzo. «Sono loro, i bambini, la forza che mi spinge. Passo molto tempo assieme a loro e ogni volta mi accorgo quanto coraggio mi trasmettono. Non io a loro, ma il contrario. Hanno tanto da insegnare. Sono puri, dicono quello che pensano senza filtri. Ogni volta che entro in ospedale alla fine ne esco cambiato, mi sento una persona migliore». Un viaggio straordinario che dopo cinque anni non smette di riempire gli occhi e il cuore di meraviglia. «In questi anni ho vissuto avventure incredibili e creato dei legami straordinari sia con i bimbi sia con i genitori diventando davvero amico di moltissime persone, grandi e piccini». Eppure non è tutto rose e fiori. Avere a che fare con bambini ricoverati in un ospedale significa trovarsi quotidianamente a contatto con il male assoluto che incombe e che può materializzarsi da un momento all'altro, lasciando un vuoto di domande a cui è impossibile dare risposta. «La morte di un bambino non si può spiegare. Ogni lutto è una ferita ma è anche bello vedere quello che resta, quello che si riesce a seminare e che rimane, comunque. Di certo questa esperienza ha cambiato la mia visione della vita». Una missione, la sua. Che anche in un ragazzo che non smette mai di sorridere e che fa dell'altruismo disinteressato il suo credo, lascia spazio anche a un po' di amarezza. «Se una storia come la mia che dovrebbe essere normalissima fa così rumore significa che c'è qualcosa che non va... Ho incontrato tante persone buone, credo siano la maggioranza. Ma in molti finiscono per nascondersi. Se invece ognuno facesse qualcosa per gli altri si avrebbero grandi risultati per tutta la società. In fondo basta poco: con umiltà e semplicità si può fare tanto».

L'ESEMPIO

E allora, Mattia va avanti. Dando l'esempio. Nel suo piccolo che è diventato grandissimo. Anche quando è dura, anche quando quel costume e quella maschera diventano pesanti. Adesso sogna una missione in Africa «se riesco ad avere i permessi dal lavoro...» e di continuare a portare gioia nella vita dei piccoli che soffrono. Non chiede altro. Ma guai a chiamarlo supereroe. «Macché, i veri eroi sono i bambini che vado a trovare, non io». Eh sì, è proprio vero.

Non sono un costume o una maschera a fare un supereroe.

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