Macché risanatore, Prodi taroccava i conti

Lo conferma Eurostat: il suo governo sporcò i bilanci di Berlusconi caricando 30 miliardi di euro tra presunti rimborsi Iva e debiti delle Ferrovie. Così il rapporto deficit/pil venne gonfiato ad arte dal 2,4 al 4,4 per cento

Nuovi dettagli emergono sulla vicenda del bilancio statale del 2006, il cui rapporto deficit/pil è stato portato con forzature contabili dal governo Prodi al livello record del 4,4%. Eurostat, in occasione di uno dei suoi periodici aggiornamenti delle contabilità nazionali, ha deciso mercoledì di pubblicare sul suo sito internet anche il dettaglio delle passate opinioni fornite su questioni contabili sollevate dagli istituti di statistica degli stati membri. È possibile quindi (all’indirizzo http://snipurl.com/4lj2x) leggere la motivazione alla base della maxi-correzione di 15 miliardi che ha riportato il deficit al 3,4%.
Ricordiamo brevemente quanto accadde: il bilancio italiano 2006 (ancora governato dalla legge finanziaria dello scorso governo di centrodestra) si sarebbe chiuso con un rapporto deficit/pil pari al 2,4%, quindi un ottimo risultato e ben sotto i limiti imposti dall’Europa. Il governo Prodi, invece, decise di caricare quell’esercizio di due voci una tantum (Iva auto e accollo debiti ferrovie) per un totale di 30 miliardi di euro, in modo tale da far registrare un deficit record. Tale manovra mirava evidentemente a due obiettivi: presentare un artificiale senso di allarme (già premevano i «tesoretti»), per far digerire gli inutili inasprimenti fiscali della finanziaria 2007 e «sporcare» i conti attribuibili al governo di centrodestra, per potersi poi accreditare al pubblico come i risanatori delle finanze statali.
È infatti vero che la presenza di queste presunte una tantum non era un segreto, ma è altrettanto vero che agli atti rimane la cifra finale. Infatti tutti i titoli dei giornali riportarono la cifra «gonfiata» del deficit, relegando ai caratteri piccoli la questione delle una tantum. Dai documenti resi pubblici da Eurostat scopriamo che la questione relativa alla correttezza del caricamento sul bilancio 2006 di 15 miliardi di supposte spese per rimborsi Iva fu sollevata da Istat con una lettera del 17 gennaio 2008 (il fatto che si tratti esattamente della data in cui Mastella, dimettendosi, apriva di fatto la crisi del governo Prodi è senza dubbio una semplice coincidenza) ricevendo risposta un mese dopo. In questa risposta si afferma che la corretta metodologia prevede la registrazione delle spese «solo nel momento in cui le richieste di rimborso sono convalidate dall’Agenzia delle Entrate, come normalmente accade per ogni rimborso fiscale» e che inoltre «l’ipotesi governativa secondo la quale il 100% degli aventi diritto avrebbe chiesto un rimborso non appare confermata».
Appare quindi evidente come il caricamento della spesa inesistente al bilancio 2006 fu fatta in modo del tutto anomalo rispetto all’usuale trattamento contabile dei rimborsi (che poi in effetti non vennero mai chiesti) e che Istat registrò la cifra «fantasma» accogliendo un’ipotesi del governo, salvo poi chiedere aiuto a Eurostat che non potè che prendere atto dell’errore raccomandandone la correzione.
Ancora pendente è la questione degli altri 15 miliardi che «sporcarono» l'ultimo bilancio dello scorso governo Berlusconi, vale a dire l’accollo dei debiti delle Ferrovie. Eurostat aveva già contabilizzato tale somma come debito statale con la nota 65 del 2005 (anch’essa consultabile: http://snipurl.com/3kwyi) con esplicita raccomandazione di non passare la cifra a deficit se non quando il debito fosse diventato esigibile e non onorato dalle Ferrovie. Dato che le prime tranche del debito sarebbero scadute nel 2009 è quindi evidente che non vi era alcuna imposizione o urgenza perché la cifra venisse interamente annotata a deficit con procedura irrituale nell’esercizio 2006. Istat, per accontentare le esigenze governative, fece passare la somma come un «accertamento di insolvenza» delle Ferrovie con conseguente cancellazione dei crediti spettanti allo Stato. Come l’insolvenza potesse essere stata accertata, senza alcun mancato pagamento, fra i botti di Capodanno del 2006, rimane un mistero.

Mistero che forse non conviene a nessuno disseppellire, perché questi quindici miliardi, forzati da Visco e Padoa-Schioppa nel bilancio 2006, andrebbero spesati negli anni a venire, e potrebbe essere un conto fastidioso da pagare a fronte di avversari politici ormai usciti di scena.
posta@claudioborghi.com

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