«Macché sciopero Bisogna cambiare il calcio e le leggi»

Doni, lei che fa sciopera e calcia?
«La proclamazione di uno sciopero è la dichiarazione di un fallimento di tutte le parti interessate».
D’accordo, la premessa è molto politica, cerchiamo di spiegarla, mi dia un assist, lei è un professionista del passaggio.
«Calciatori e Lega dovrebbero riconsiderare non solo le rispettive posizioni di partenza, per motivi diversi entrambe sbagliate, ma anche la loro visione globale del problema».
Allora, secondo Lei, sbagliano anche i calciatori.
«Stiamo assistendo ad una prova di forza fra chi considera il vecchio accordo collettivo una somma di privilegi da eliminare e chi invece li reputa dei diritti irrinunciabili, il tutto condito da vagonate di demagogia equamente ripartite».
Lei parla davvero come un politico, anzi dovrei dire un sindacalista. Si dice addirittura che una parte dei veterani del campionato abbiano un’idea in merito, lei ne farebbe parte. Avremo delle novità elettorali?
«Non posso rispondere a questa domanda. Per il momento è un’ipotesi suggestiva, ma piuttosto preferisco aggiungere che non si può continuare a comportarsi facendo finta di non essere sulla stessa barca, così mettendo al centro dell’attenzione gli interessi che dividono invece che quelli che accomunano».
Ci risiamo, dica qualcosa, di destra o di sinistra faccia lei che è esperto nelle traiettorie, almeno quelle calcistiche.
«Chi in maniera faziosa prosegue sulla linea della lotta, della chiusura, della difesa di situazioni già definite o si ostina a respingere qualunque apertura non ha una moderna visione dei problemi e di come essi vanno risolti, e questo è un limite che il nostro calcio non si può permettere».
Significa anche che si sta discutendo su un falso problema?
«Esattamente, questo non è il vero problema dei calciatori e delle società. Il periodo della contrapposizione ideologica è finito lo scorso secolo ma pare che nessuna delle due parti se ne sia accorta».
Allora chi sbaglia?
«I presidenti di società dicano chiaramente che la loro “mission” è quella di produrre utile per le società e consenso sulla loro persona veicolando le emozioni dei tifosi; riconoscano nei giocatori dei collaboratori fatti di carne e ossa e smettano di nascondersi dietro comportamenti di pura demagogia sportiva».
Sistemati i presidenti veniamo alla sua categoria
«I calciatori, di contro, dimostrino con altrettanta chiarezza di essere professionisti a tempo pieno creando, con il loro impegno e le loro capacità le emozioni che il pubblico richiede loro. Diventino ambasciatori della propria società e dimostrino l’attaccamento e la fedeltà alla maglia che indossano aiutandola a produrre consenso e a conquistare nuovi tifosi».
Ipotesi: lei è il mediatore della trattativa, proponga la soluzione.
«Calciatori e società, insieme, facciano prevalere le idee senza guardare da quale parte esse provengano e pensino ad un nuovo modello di calcio professionistico per il futuro, con la consapevolezza che questo non può prescindere da una rapida riforma della legge 91. Per questi semplici motivi è opportuno sospendere la discussione sull’accordo collettivo per concentrarsi sulla più urgente modifica della legge 91.

Con una nuova e più moderna legge sullo sport professionistico sarà molto facile trovare un accordo soddisfacente per tutti evitando le attuali esibizioni di forza che hanno il solo scopo di guadagnare l’approvazione dei propri consimili e il biasimo di chi ama veramente il calcio».
Detto da Cristiano Doni, calciatore e capitano dell’Atalanta Bergamasca calcio.

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