Da poco al centro degli sguardi dei fedeli e dei turisti che entrano nel tempio sacro cinquecentesco di Santa Maria delle Grazie, «La Madonna della Neve», unopera contemporanea di Luca Pignatelli è entrata a pieno titolo tra le antichità della chiesa domenicana che si trova in Corso Magenta.
Il dipinto di grandi dimensioni, presentato al pubblico da Achille Bonito Oliva, Davide Rondoni, Francesca Pini e accompagnato da un saggio che ne illustra le qualità artistiche e simboliche di Salvatore Veca, è stato collocato in una delle cappelle laterali con volte bramantesche ricche di affreschi con tanto di tabernacolo. È la prima volta che la sovraintendenza acconsente lingresso di unopera contemporanea in un luogo sacro vincolato dalle Belle Arti, una figura che serve a marcare una soglia e a contrapporre a quei valori tradizionali altri linguaggi ma del medesimo codice mistico. Il quadro (4 metri per 3), dipinto con colori acrilici e legno, applicato su telone ferroviario, sembra una Pala daltare, presentandosi in uniconografia quasi botticelliana, «capace di coniugare insieme i fiori della natura e i fiocchi di neve in un tripudio di bellezza. Un gesto intimista dellartista dal quale riemergono pulsioni trascendentali. «Proprio come aveva dichiarato Stendhal sostengo che la bellezza è una promessa di felicità», ha dichiarato lartista che ha dedicato il lavoro alla figlia appena nata. Per Padre Stefano Rebacchini, la Madonna parla del «bene» supremo, della fragilità di tutte le creature di fronte al vento della vulnerabilità della società contemporanea. La Madre, il Figlio e la cura. La Madre dolorosa chiede attenzione, domanda rispondenza, assegna responsabilità e invoca dedizione. Limmagine di Pignatelli nella sua verticalità iconica al tempo stesso la perdita e la vocazione alla cura damore e nel contempo annuncia il male umano.
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