Magistrati intoccabili: straparlano e non pagano

Il procuratore di Napoli accusa i politici di impunità. Ma dimentica che i suoi colleghi non rispondono mai di sparate, comizi e proclami. Le sparate, Forno: "Arcore come un bordello". Boccassini: "La notte del rilascio di Ruby un attacco militare contro la questura di Milano"

Magistrati intoccabili: straparlano e non pagano

Roma«Politici intoccabili», denuncia il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore in televisione. E mette da parte ogni prudenza, visto che proprio il suo ufficio ha in corso delicate indagini sulla P4 che coinvolgono politici, generali e faccendieri.
E i magistrati, si chiedono in molti, non sono «intoccabili» pure loro? Soprattutto, quando rincorrono proprio i politici, i loro privilegi e le loro prerogative. Soprattutto, quando si fanno spesso politici, demolendo le leggi, giudicandole, bloccandole mentre il parlamento le discute. O, addirittura, usando l’arma giudiziaria per decidere le sorti politiche di un Paese.
Una Casta, quella dei magistrati, che dà della Casta all’altra, quella dei politici? Sotto la bandiera dell’indipendenza e dell’autonomia, ci sono troppo spesso insindacabilità e inamovibilità grazie anche alla «giustizia domestica» di un Csm a stragrande maggioranza togata. Ecco le solide basi dell’intoccabilità delle toghe. Che quando sbagliano non pagano per gli errori. Quasi mai. Disciplinarmente, penalmente, moralmente.
Oggi è aria di rivolta contro la nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati, che Pdl e Lega vorrebbero approvare in estate. Il Csm ha bocciato senza appello l’emendamento Pini alla legge Comunitaria. Un parere votato a tambur battente: 19 sì e 4 no, dei laici Pdl. La frase magica è sempre la stessa: «Mina i principi di autonomia e indipendenza della magistratura». Come la separazione delle carriere. Come tutta la riforma della giustizia del Guardasigilli Alfano.
Le resistenze corporative hanno sempre stritolato, nella morsa congiunta di Anm e Csm, le ultime riforme. Quelle che sono state approvate hanno dovuto subire annacquamenti e stravolgimenti sotto le pressioni di scioperi, proteste e prese di posizione pubbliche dei leader delle toghe, trasformati in capipolo. Facile ricordare il «resistere, resistere, resistere» di Francesco Saverio Borrelli, che nel 2002 era procuratore generale di Milano mica politico, ma parlava così avvolto nella sua toga, contro la riforma Castelli. Non ci toccate, diceva in sostanza al governo Berlusconi, noi siamo «intoccabili». E il primo ad abbracciarlo quella volta fu Antonio Di Pietro, che da pm di Mani Pulite è diventato leader dell’Idv grazie alle sue inchieste e ai tanti discorsi urlati.
Non meraviglia, visto che i travasi dalla magistratura alla politica grazie alla militanza di parte, alle inchieste contro imputati che diventeranno il giorno dopo avversari alle elezioni, è cosa di tutti i giorni. Lo dimostra, per ultimo, il caso del neo sindaco di Napoli Luigi De Magistris e del suo assessore ex-pm Giuseppe Narducci. Lo dimostrano i tanti comizi, nelle piazze vere o televisive di altri pm, come il palermitano Antonio Ingroia.
Non si preoccupano, i magistrati-star, dell’immagine di imparzialità della magistratura, che va a farsi benedire danneggiando i tanti colleghi che, per serietà, lavorano lontano dai riflettori, senza che se ne conoscano i nomi.
Per gli altri, ogni filippica in aula, soprattutto quando si tratta dei processi contro Silvio Berlusconi e la sua corte, diventa una stella da appuntarsi sul petto. E, invece di sfoggiare pacatezza per dare maggior peso alle accuse e non tradire pregiudizi, allora i toni salgono alle stelle. Parla di «bordello» il pm Pietro Forno nell’udienza preliminare contro Mora, Fede e Minetti. Parla di «attacco militare alla questura» il pm Ilda Boccassini al processo del Rubygate. I mass media amplificano e gli eroi in toga diventano sempre più intoccabili, perché ogni azione contro di loro apparirà una ritorsione. Chi li attacca, li critica o solo li contraddice, sa che cosa aspettarsi. Perché inchieste, processi, querele milionarie, perquisizioni o solo sospetti diffusi a mezzo intercettazioni, possono essere armi pesanti.


Chi è insorto dopo lo show di Lepore? Ieri al plenum del Csm ha osato farlo il laico Pdl Bartolomeo Romano, criticando la «fluviale» intervista a La7 del procuratore che ha «cantato in solitudine», senza contraddittorio, su fatti tutti ancora da accertare. Gli ha risposto, nell’assemblea di Palazzo de’ Marescialli, l’assoluto silenzio.

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