Magistratura

"Niente stop automatico". Consulta indulgente sul permesso di soggiorno agli immigrati

Niente stop automatico al rinnovo del permesso soggiorno se reato è lieve: secondo la consulta il diniego spetta al questore, che dovrà valutare la pericolosità sociale del richiedente

"Niente stop automatico". Consulta indulgente sul permesso di soggiorno ai migranti

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Per piccoli spacciatori e venditori di merce contraffatta stranieri, lo stop automatico al permesso di soggiorno è illegittimo. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, secondo la quale la richiesta di rinnovo del suddetto documento non può essere respinta d'ufficio nel caso in cui uno straniero sia stato condannato per alcuni fatti di lieve entità. Tale decisione - hanno detto i giudici - spetterà infatti al questore, che dovrà valutare la pericolosità sociale del richiedente prima di negargli il permesso.

La sentenza della Consulta

Le questioni di costituzionalità erano state sollevate dal Consiglio di Stato nell'ambito di due giudizi originati da ricorsi presentati da stranieri, la cui richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro era stata respinta proprio per effetto delle condanne per i seguenti reati: in un caso, l'illecita detenzione di 19 grammi e la cessione di 1,5 grammi di hashish, nell'altro la vendita di prodotti con segni falsi. La Corte ha dato ragione agli stanieri e nella propria sentenza ha dichiarato infatti l'illegittimità costituzionale di alcuni articoli del decreto legislativo 286 del 1998 (Testo Unico Stranieri) nella parte in cui ricomprendono, tra le ipotesi di condanna che impediscono automaticamente il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro, anche quelle per il reato di piccolo spaccio e vendita di merci contraffatte, "senza prevedere che l'autorità competente verifichi in concreto la pericolosità sociale del richiedente".

Le motivazioni dei giudici

A fronte della minore entità dei fatti di reato considerati, l'automatismo del diniego è stato ritenuto dalla Consulta "manifestamente irragionevole, sotto diverse prospettive: sia perché, per le stesse condanne, nell'ambito della disciplina dell'emersione del lavoro irregolare, volta al medesimo scopo del rilascio del permesso di soggiorno, quest'ultimo non è automaticamente escluso, ma implica una valutazione in concreto della pericolosità dello straniero; sia perché l'automatismo del diniego, riferito a stranieri già presenti regolarmente sul territorio nazionale (e che hanno iniziato un processo di integrazione sociale), è in contrasto con il principio di proporzionalità, come declinato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo".

Secondo la Corte, può verificarsi che - nei casi considerati - la condanna non sia tale da comportare un giudizio di pericolosità attuale riferito alla persona del reo, e ciò per varie ragioni: la lieve entità e le circostanze del fatto, il tempo ormai trascorso dalla sua commissione, il livello di integrazione sociale nel frattempo raggiunto. Pertanto, nella sentenza i giudici hanno ritenuto necessario che, nell'esaminare la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno, l'autorità amministrativa consideri tali elementi al fine di "evitare che la sua valutazione si traduca in un giudizio astratto e, per ciò solo, lesivo dei diritti garantiti dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo".

La discrezionalità del legislatore

La Corte ha inoltre sottolineato che "l'interesse dello Stato alla sicurezza e all'ordine pubblico non subisce alcun pregiudizio dalla sola circostanza che l'autorità amministrativa competente operi, in presenza di una condanna per i reati di cui si tratta, un apprezzamento concreto della situazione personale dell'interessato, a sua volta soggetto a eventuale sindacato di legittimità del giudice". Nelle proprie motivazioni, i giudici hanno anche fatto riferimento alla discrezionalità del legislatore in materia. Leggendo la notizia, del resto, qualcuno si sarà domandato quali margini abbia allora la politica nel regolamentare l'ingresso e il soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale.

Sul punto, la Consulta - richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo - ha affermato che il legislatore è titolare di "un'ampia discrezionalità" in materia, tuttavia "entro il limite di un ragionevole e proporzionato bilanciamento dei diritti e degli interessi coinvolti".

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