Melbourne - Sono distanti generazioni ma stavolta sono anche d’accordo. Niki Lauda lo dice a chiare lettere, Fernando Alonso lo negherebbe fino alla morte, ma ha avuto la bellezza di 45 giri per pensarlo: Lewis Hamilton è di un altro pianeta. «Mai visto uno così» sbotta infatti l’ex campione austriaco, di solito avaro nei complimenti: «Mai visto un pilota così forte al debutto – ripete –. Ha tenuto per tutta la gara il passo dei big del mondiale, di Raikkonen, del suo compagno Alonso; per lui sarà una manna stare accanto ad uno come Fernando. Imparerà ancora molto: sarà un nuovo campione del mondo».
E il campione del mondo in carica? A denti stretti, ma infarcendo le frasi con un sorriso qua e là, accampa scuse varie per non dare l’idea di aver un po’ subìto la situazione: «Comunque è un ottimo inizio per tutto il team» dice. Ma i 45 giri in cui ha sudato freddo bruciano da morire. Perché se il secondo posto finale è un ottimo risultato, sa invece di sconfitta il modo in cui l’ha ottenuto. Perché Hamilton l’ha passato alla prima vera curva, e poi via, pestando sull’acceleratore della sua McLaren. «Massì lo riprendo dopo» avrà pensato, solo che il dopo è stato davvero molto dopo. C’è voluto un secondo pit stop e una piccola dose di abracadabra al box (e qualche doppiato di troppo) per rispedire lo spagnolo in pista finalmente davanti all’impertinente compagno di squadra.
E così la F1 ha il suo vero Tiger Woods: non più solo una questione di pelle color ebano, non più un paragone comodo solo per titillare l’attenzione dei media su questo 22enne inglese e scucire soldi agli sponsor. Il ragazzino che iniziò da kartista bussando alla porta di Ron Dennis, adesso ha stupito per davvero il mondo. E l’ha fatto più dei vari Kimi, Fernando e persino Schumi ai tempi loro. Perché grazie ai pit stop, Lewis è stato in testa alla corsa per ben due volte; e queste sono cose che si sono viste poche volte nella lunga storia della F1: «Non sto in me dalla gioia – esplode lui -: sono riuscito a guidare un gp al mio debutto; e poi ho tenuto dietro un due volte campione del mondo che mi metteva pressione; e poi sono solo stato un poco sfortunato nella seconda sosta, quando ho perso tempo». Abilmente, Lewis evita di approfondire più di tanto, ma quell’abracadabra l’ha notato anche lui.
Però Alonso è in lotta per il titolo mondiale, per cui meglio non buttar via punti, avrà pensato patron Ron Dennis. Fatto sta che tutti fanno finta di niente e si spellano in complimenti trasversali: «Sono felice della gara di Lewis, questo ci mette nella migliore condizione per poter guadagnare tanti altri punti per il team... Adesso dobbiamo solo riuscire a recuperare il piccolo divario che ancora ci distanzia dalla Ferrari. Il sorpasso subito da Hamilton al via? – imbarazzo –. È stata una strana partenza, non bella, controllavo Heidfeld e non mi sono accorto del mio compagno. Poi gli sono stato addosso, a volte mi allontanavo per lasciare raffreddare la macchina...». Invece ha spinto al massimo per non farsi pirlare dal giovane debuttante. E, infatti, l’altro momento di lieve imbarazzo arriva quando gli domandano che effetto faccia avere per la prima volta in carriera un compagno che ti mette sotto pressione? «Non sono d’accordo – ribatte seccato Alonso –. Anche Trulli lo faceva, anche Fisichella... Non dovete dimenticare che proprio qui in Australia, Giancarlo, nel 2005, vinse la corsa».
Sarà, intanto, pochi metri più in là, nel bel mezzo del paddock, papà Hamilton un po’ litiga con la stampa inglese, «non permettetevi più di pubblicare foto private della vita di mio figlio» (la fidanzata, ndr), e un po’ esulta: «Ovvio, studia da campione del mondo. Già quest’anno? Ma no... sarebbe troppo presto».
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