Malato e sfrattato vive nel portone

Malato e sfrattato vive nel portone

«Danno lavoro agli zingari e casa agli extracomunitari, ma a me che sono invalido civile e senza genitori, non uno straccio di lavoro e ora nemmeno più un tetto sopra la testa». Accuse pesanti che Martino Mazzone, 39 anni invalido da oltre 10, rivolge sia ai servizi sociali di Molassana sia al Comune di Genova reo, secondo lo stesso, di averlo «sbattuto» in mezzo ad una strada anzi, più precisamente sotto i portici del palazzo dove ha sempre abitato con la famiglia. L'odissea dello sventurato ebbe inizio nel 2005 quando, dopo la morte del padre giunta alcuni anni prima, morì anche la madre. «Fu solo in quel momento, racconta l'uomo, che venni a conoscenza da parte dell'Arte, che mia madre da qualche tempo, per curare la mia malattia con costose medicine, non pagava l'affitto». Un credito che l'azienda richiese al signor Mazzone e che lui stesso era intenzionato a pagare dilazionato, ma un cavillo burocratico (assenza di reddito in quanto la pensione percepita non costituiva tale titolo) fu il primo dei mille ostacoli che l'uomo dovette affrontare. Infatti, l'assenza anche di un minimo reddito non permetteva di dilazionare la cifra: pena sfratto esecutivo. «Mi rivolsi ai servizi sociali di via Sertoli - ricorda Mazzone - con la speranza di ottenere un piccolo lavoro ed ottenere così una busta paga come garanzia per estinguere il debito, ma alle promesse sono seguite altre promesse. Mai mantenute. Adesso mi ritrovo malato, senza lavoro e a dormire sotto i portici».
Mazzone non vuol fare pena a nessuno, ma sbotta contro quelle che ritiene ingiustizie. «Gli assistenti sociali hanno dato, e continuano a farlo, lavoro agli zingari del campo nomadi di via Adamoli, persone contro le quali io non ho nulla, ma almeno loro hanno un tetto, la luce pagata, i libri per i figli e macchine lussuose».

Mazzone non si lamenta solo dei 50 o 60 euro che guadagnano gli zingari per pitturare la cancellata della sede del Municipio di Molassana, ma pure del fatto che in tutta la vallata esistono case comunali sfitte che sono assegnate a famiglie extracomunitarie. «Ma io - dice -, cosa devo fare?».

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