Sport

Maldini e il Milan, uno strappo che può far male

"Mi hanno lasciato solo". Il suo sfogo è una crepa nel rapporto con Galliani. In vista di Firenze una tensione in più per la squadra

Maldini e il Milan, 
uno strappo 
che può far male

La scelta è stata accurata, per ottenere il massimo dell'audience ed esprimere in maniera assordante il proprio disagio. E così la vicenda che riguarda il Milan, e in particolare la «carognata» fatta dai curvaioli rossoneri domenica sera a Paolo Maldini - il capitano monumento - nella domenica dell'addio a San Siro, diventa uno «strappo» nella famiglia rossonera che fa male. E che rischia di ripercuotersi in tutto l’ambiente alla vigilia della partita che vale la Champions e soprattutto di epocali cambiamenti: via Paolo Maldini, senza alcuna notizia di un suo utilizzo nei ranghi dirigenziali rossoneri, via Ancelotti rimpiazzato da Leonardo, via Kakà (al Real) con l'intento di rimpiazzarlo attraverso il recupero dal calcio francese di Gourcuff.
Maldini aveva fissato per lunedì pomeriggio una conferenza stampa di commiato: i cronisti l'aspettavano per chiedergli giudizi approfonditi sull'incandescente materia, spiegazioni di equivoci (un litigio mai esistito con Leonardo), hanno ricevuto la notizia di un rinvio, giusto una settimana, per lasciar depurare il dibattito dall'acido di Milan-Roma. Nel frattempo ha portato a casa una solidarietà collettiva: tifosi semplici, dirigenti, giornali, opinionisti, tutti al suo fianco. Non gli è bastato, voleva di più: l'orazione di Silvio Berlusconi a reti unificate, magari un telegramma di Obama o del segretario dell'Onu. Così, seccato, a sorpresa, ha chiamato due colleghi e rilasciato l'intervista a Corriere e Gazzetta. Feroce il messaggio: «Il Milan, dal presidente all'ultimo dirigente, mi ha lasciato solo». È vero, il giorno dopo Milan-Roma e quello scempio fatto dai curvaioli, Silvio Berlusconi, amareggiato e ferito quanto lui, forse anche un pizzico in più avendo riversato sul Milan, per 23 anni, amore e investimenti cospicui, tantissimi, si è occupato di altro. È rimasto in silenzio anche Adriano Galliani, il dirigente operativo per un motivo che tutti conoscevano. A causa delle minacce subite dagli esponenti di quella stessa curva, da due anni è costretto a vivere sotto scorta: presto sarà celebrato anche un processo penale, non è uno scherzo insomma.
Perciò incassata la sberla della prima pagina, Galliani ha risposto sul sito della casa con una lettera brevissima che qui possiamo riassumere così: «1) la tua amarezza è comprensibile; 2) sono sotto scorta da 2 anni per atti compiuti da quelle stesse persone e tu lo sai; 3) ho scelto io di non rispondere, su consiglio (dei soliti avvocati, ndr) e perché convinto che il silenzio sia l'arma più efficace».
Fine del litigio pubblico? Neanche per idea. La dietrologia si è scatenata e ha cominciato a seminare il terreno di Milanello di altri presunti motivi d'incomprensione tra Maldini e il Milan. Per esempio i tormenti scanditi dagli ultimi due rinnovi contrattuali tra Maldini e Galliani, a causa della cifra reclamata dal capitano. Per esempio il congedo, da un paio di anni, di Cesarone Maldini, un tempo capo degli osservatori rossoneri. Pettegolezzi, d'accordo. Di sicuro il recente contrasto ha scavato un fossato già esistente tra Paolo Maldini e il manager di punta del Milan procurando tensioni in eccesso dentro lo spogliatoio che deve ancora conquistarsi un posto al sole, nella Champions cioè, domenica a Firenze.

Ma si sa è quando il gioco si fa duro che i duri cominciano a giocare.

Commenti