Politica

La «maledizione» degli 007 militari

Da Gladio, al «piano Solo» alla P2: ecco tutte le inchieste e i depistaggi che in 30 anni hanno fatto saltare i capi dell’intelligence Tra accuse, processi e proscioglimenti

Il generale Nicolò Pollari è solo l’ultimo direttore degli 007 militari a finire bruciato sulla poltrona che scotta. La «maledizione» del Sismi fa la sua comparsa ai tempi del Sifar con la virulenta campagna stampa sulla presunta minaccia golpista legata a Gladio, al «piano Solo» e al killeraggio ad personam del generale Giovanni De Lorenzo (cacciato nel 1967 e riabilitato da ripetute sentenze di assoluzione solo anni più tardi). Nonostante continui a resistere la vulgata di una struttura infarcita di depistatori e intossicatori, l’attacco al Sifar fu una sofisticata operazione di disinformatjia - come ha raccontato il colonnello Leonid Kolosov - pianificata dagli operativi del Kgb della «residentura» romana per disarticolare la nostra intelligence, che infatti venne puntualmente ridimensionata. Con la nuova dicitura Sid - sciolto nel ’77 perché sospettato di aver gestito la cosiddetta «strategia della tensione» - la «maledizione» dei Servizi militari si abbatte sul generale Vito Miceli, successore dell’ammiraglio Eugenio Henke: il suo nome compare prima negli elenchi della lista P2, dopodiché spuntano le manette a margine dell’inchiesta sull’organizzazione eversiva Rosa dei Venti. Sono gli anni bui del convolgimento degli 007 Gianadelio Maletti, Guido Giannettini e Tonino Labruna nella strage di piazza Fontana (tutti assolti). Anni in cui il Pci da un lato soffia sul fuoco, e dall’altro fa il pompiere attraverso i suoi due parlamentari con «delega» ai Servizi: Arrigo Boldrini e Ugo Pecchioli.
Il 13 gennaio 1978 si materializza il generale Giuseppe Santovito, primo direttore a denominazione Sismi. Finisce presto nel calderone delle presunte deviazioni operate da Licio Gelli, e di lì a poco, con Francesco Pazienza, viene impallinato un giorno sì e l’altro pure per le deviazioni del cosiddetto SuperEsse che trascinano alla sbarra il generale Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte. A Santovito, arrestato il 1° dicembre 1983, si addebita la qualunque: finisce nei guai per violazione del segreto di stato (al pari del suo braccio destro, colonnello Stefano Giovannone, in galera per lo stesso reato) e per falsa testimonianza nell’inchiesta sulla sparizione in Libano dei giornalisti Toni e De Palo. Quindi è oggetto di attacchi insistenti per le anomalie sulle stragi di Ustica e Bologna, e per il coinvolgimento del fidato Pazienza nel crac Ambrosiano e nell’omicidio Calvi.
A Santovito succede nel gennaio 1984 il generale Ninetto Lugaresi colpito dalla solita «maledizione» a soli otto mesi dal suo insediamento: un avviso di reato per omissione d’atti d’ufficio gli viene recapitato dal giudice veneziano Carlo Mastelloni nell’ambito di un procedimento su un traffico d’armi tra Br e Olp: il 21 dicembre 1990 Lugaresi sarà però assolto, cinque anni prima aveva rischiato parecchio opponendo il segreto di stato sull’Italicus. Dacché tocca all’ammiraglio Fulvio Martini salire sulla tolda di comando e beccarsi un’informazione di garanzia per «uso illecito di fondi riservati per interessi privati» eppoi un’altra informazione di reato per abuso d’atti d’ufficio e «cospirazione politica mediante associazione» nell’inchiesta Peteano Bis: Martini verrà prosciolto da tutto. Dopodiché la «maledizione» lo colpirà con Gladio dove finirà sotto processo insieme ai colleghi Paolo Inzerilli e Giovanni Invernizzi (con un altro generale, Bartolomeo Lombardo, addirittura arrestato). Inutile dire che, il 3 luglio 2001, il processo cascherà a pezzi e gli alti ufficiali verranno tutti assolti.
Al pari di Cesare Pucci, il regno di Luigi Ramponi dura invece pochissimo: viene silurato senza motivo dopo aver ficcato il naso nella gladio rossa. Con l’arrivo del dossier Mitrokhin, cominciano invece problemi esclusivamente di natura politica per il generale Sergio Siracusa che assieme al successore, Gianfranco Battelli, si difendono (male) dall’accusa di non aver indagato sulle spie italiane al soldo del Kgb quando al governo si alternavano Prodi, D’Alema e Dini. La magistratura non li prende di punta, la commissione Mitrokhin li prende in castagna. Con Nicolò Pollari la «maledizione» del Sismi torna ad aleggiare su Forte Braschi sino a quando il generale viene sollevato dall’incarico. Per il nuovo arrivato, l’ammiraglio Bruno Branciforte, sono d’obbligo gli scongiuri del caso.
gianmarco.

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