La maledizione dell’eroe dei cieli Muore come il papà astronauta

Vicino a Har Hevron, nel primo pomeriggio, in tutto quel giallo accecante del deserto della Giudea, fra i villaggi arabi e quelli ebraici, il destino si è esercitato di nuovo in una di quelle crudeli giravolte che in Israele gli riescono particolarmente bene.
Non è usuale che un F16 A, il più vecchio aereo da guerra che calza come un guanto sui suoi piloti, precipiti durante un’esercitazione: invece ieri in un fungo di fumo nero che hanno raccontato stupefatti sia i palestinesi che gli ebrei che vivono fra quelle pietre, uno di quegli aerei imbattibili è precipitato. Non si perde mai più di un pilota l’anno nelle esercitazioni, le statistiche assicurano che è un evento molto inconsueto.
Quei ragazzi sono troppo preziosi, dopo ben sette anni di studi pratici e teorici di qualità unica, in cui hanno stretto i denti e dato l’anima. Invece stavolta decine di soldati e di guardie di confine hanno cercato fra le pietre i resti di un pilota la cui identità era troppo incredibile per far credere che fosse proprio lui. La squadra giunta su un autobus bianco ha cercato fra le lacrime, infatti, il sergente Assaf Ramon, 21 anni, identico nello sguardo deciso e nel sorriso dolce al padre, colonnello Ilan Ramon, che il primo febbraio 2003 rientrando a Houston sulla navetta Columbia dallo spazio dove era rimasto per quasi 16 giorni, venne divorato dalle fiamme insieme al resto della squadra, sei astronauti di tutti i colori e le culture, uomini e donne.
Ilan, figlio di un sopravvissuto della Shoah che assistette impietrito a tutta la tragedia dalla stanza di controllo di Houston, aveva volato fuori dell’atmosfera portando con sé l’intero mondo dell’identità israeliana e ebraica: il disegno di un bambino ucciso nel campo di concentramento di Teresinstadt che tracciava con neri graffi il sogno della Terra vista dalla Luna; benché non fosse religioso, mangiava kasher e aveva un bicchierino d’argento per la benedizione del vino del sabato; aveva stivato con le sue cose una piccolissima Bibbia e la bandiera con la stella azzurra di Israele. Con la tragedia, Israele soffrì un’autentica ferita di identità, Ilan era un’Israele meravigliosa che roteava pacifica nello spazio, esplosero i sogni e l’orgoglio di vedere volare il primo astronauta israeliano, la sua cultura, il suo desiderio di pace.
Fra le tante imprese cui aveva partecipato come eroico pilota, c’era la distruzione del reattore nucleare iracheno di Osirak nell’81, un’impresa funambolica quanto indispensabile. Sua moglie Rona, una bruna e di poche parole, che Ilan chiamava «l’amore della mia vita», tornò sola da Houston in Israele con quattro bambini e si accinse a tirar su i suoi ragazzi; Assaf ha certo imposto alla madre quel corso di pilota di sette anni, orgoglio e terrore di tante famiglie israeliane, e in queste ore Israele tutta quanta piange il magnifico ragazzo che seguiva le orme del padre, ma anche il suo destino tragico.
Famiglie semplici e famiglie importanti, quella di Benny Begin, quella di Rafael Eitan, di David Ivry, hanno perso sugli F16 i loro figli. La legge impone firma della madre se la famiglia è già stata colpita: ma gli uomini del mestiere dicono che nessuno, dopo aver provato a convincere il giovane, impedisce al giovane la sua scelta. Così è stato per Assaf. Rona, descriveva Assaf ben prima della seconda tragedia per le ottime capacità analitiche e matematiche, la propensione musicale, la generosità del carattere. Dall’età di 15 anni era rimasto l’uomo grande di casa. Poi, aveva scelto di volare in alto sulla scia azzurra di suo padre.
Adesso affollati intorno alla piccola casa fiorita di Ramat Gan, i militari e i politici più importanti entrano in fila per abbracciare Rona. Fuori sugli scalini siedono i giovani, il fratello piccolo Tal anche lui in divisa dell’aviazione, la sua ragazza.

Assaf solo a luglio, alla fine del corso numero 158, ha «ricevuto le ali», come si dice qui: e glorioso si voltò verso il pubblico dove sedeva la sua famiglia orbata. Voleva restituirle la gioia, la gloria, la speranza del padre Ilan, e invece l’ha raggiunto nello spazio.

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