Autorevole quando bastonava il Cavaliere e quei pezzi di centrosinistra che non gridavano al regime; qualunquista quando soccupa di cinema e dintorni. Capita a Curzio Maltese, firma di Repubblica. Luomo si diletta ogni tanto a scrivere di film, con lo spirito un po naïf di chi intravede nella materia un altro modo per parlare di sé. Ma neanche lui, pur venerato a sinistra, poteva immaginare che il decano del cinema dimpegno sociale, Carlo Lizzani, rispolverasse linfamante accusa. È successo a un convegno di MicroMega, dove lottantenne regista di Banditi a Milano si è chiesto con una punta di malizia: «Forse noi cineasti italiani non sappiamo fare comunicazione se due o tre volte l'anno ci tocca leggere certe cose qualunquistiche scritte da Curzio Maltese, commentatore che pure stimo».
In realtà, la comunicazione non c'entra. Al pari di molti autorevoli colleghi, Maltese si affaccia ai festival e verga di tanto in tanto umorali j'accuse che fanno il paio con altrettanto umorali «scoperte». Già qualche tempo fa, il critico Piero Spila si divertì a sfotticchiarlo, parlando di «un tuttologo particolarmente attivo che, dopo aver visto i film di Muccino e Moretti, ha decretato ufficialmente il risveglio del cinema italiano (appena un paio di mesi prima ne aveva decretato il definitivo seppellimento a causa dei finanziamenti pubblici)». Certo, resta scolpito nella memoria un incongruo attacco a Francesca Archibugi per via di un titolo: «L'albero delle pere».
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