Mandolini, una passione milanese ma ora l’orchestra cerca lo sponsor

Dici mandolino e pensi a Napoli. E invece...
«Invece a Milano il mandolino ha una tradizione quasi centenaria perché all’inizio del Novecento le orchestre a plettro di Milano erano molto diffuse; un po’ la versione al chiuso delle bande». Chi parla è il maestro Achille Bocus, 43 anni, un diploma in contrabbasso classico, attuale direttore dell’orchestra a plettro «Città di Milano». L’insieme è composto da 35 mandolinisti non professionisti - ma ci piacerebbe essere di più, dicono in coro - guidati fino al 1997 da Goliardo Bernardi, che fu anche il mitico direttore della Banda d’Affori. Nata nel 1960 sulle ceneri di due vecchi e valorosi insiemi milanesi, l’orchestra di mandolini persegue un solo intento: fare della buona musica e diffonderla, risuscitando l’amore per gli strumenti a plettro.
Teatri, parrocchie, Comuni, Conservatori, sedi di istituzioni private e sociali in Italia e all’estero: i mandolinisti dell’orchestra hanno all’attivo centinaia di concerti che da sempre riscuotono consensi e simpatia. «Concerti tassativamente a entrata libera - sottolinea il maestro Bocus - per i quali chiediamo un contributo agli organizzatori, giusto per tenere in vita l’orchestra che da dieci anni è senza sponsor». Anche per questo da pochi giorni la «Città di Milano» ha inaugurato una scuola rivolta ad appassionati di ogni età. I corsi si svolgono ogni martedì dalle 14,30 alle 20,30 nella sede di via Bezzecca 24, dove uno spazio comunale è stato messo a disposizione dell’orchestra». «La speranza - dicono gli organizzatori - è quella di tornare nel cuore dei milanesi, come all’inizio del Novecento». Una scommessa impegnativa, in questi tempi squassati da suoni stridenti di ogni genere.
E invece qui in via Bezzecca, dove i mandolinisti fanno le prove tutti i giovedì sera, si respira un’aria di tranquilla complicità. L’ambiente, pannelli isolanti al soffitto e luci al neon, è reso gradevole dalle note della Cavalleria Rusticana, l’opera più conosciuta di Pietro Mascagni. La musica sgorga prima timida e poi sempre più intensa da mandole, mandolini e chitarre. L’orchestra suona, poi si ferma, il maestro fa alcune osservazioni, la melodia riprende. Tra un brano e l’altro balza all’occhio la disciplina dei suonatori, età media 40 anni, prestati alla musica da varie professioni: «Nei ranghi dell’orchestra - rivela Bocus - ci sono operai, ricercatori universitari, architetti, piccoli artigiani e commercianti». Tutti accomunati dalla passione per il mandolino. «Uno strumento che per la sua semplicità e immediatezza - dicono - è il più bello del mondo da suonare».
Nel repertorio dell’orchestra a plettro ci sono oltre 60 brani musicali che spaziano da Mozart a Piazzolla; da Bach ad Albeniz; da Offenbach a Theodorakis. «Gli arrangiamenti - svela Piero Lisci, prima mandola e veterano della formazione - sono gli stessi scritti da Goliardo Bernardi. Li conserviamo gelosamente e sono già sopravvissuti a tre traslochi e a due allagamenti». Ma il patrimonio dell’orchestra non si limita a questo: «Abbiamo anche mandoloni e mandoloncelli molto rari - svela il maestro Bocus che tra l’altro ha collaborato ai Pomeriggi Musicali e all’Orchestra Cantelli - alcuni datati addirittura 1925».


Ma adesso è il momento di provare «Oh mio babbino caro», l’aria più famosa del Gianni Schicchi, opera di Giacomo Puccini. Si avvicina agli orchestrali la soprano Sonia Contino che da poco tempo collabora con l’orchestra, prestando la sua voce ai mandolini. Milano, per fortuna, è anche questa.

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