La geografia del fenomeno lascia poco spazio a dubbi. I roghi si verificano soprattutto dove le mafie sono più forti e rappresentano uno dei tanti «pizzi» che il Paese è costretto a pagare alla criminalità, come emerge da un rapporto curato da Legambiente e dal Corpo Forestale dello Stato intitolato «Incendi e illegalità 2007». L’azione di repressione e prevenzione ha dato buoni frutti (l’indagine si ferma al 2006 e non tiene conto della drammatica inversione di tendenza del 2007, con oltre 80mila ettari andati in fumo, il triplo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Dal 2003 al 2006 il numero di incendi boschivi in Italia è passato da quasi 9.000 a 5.643, mentre la superficie percorsa dalle fiamme da oltre 91.000 ettari a meno di 40.000. Un sensibile miglioramento trainato da regioni tradizionalmente colpite, come la Toscana e la Liguria. Nel sud fa eccezione la Campania che rientra tra le regioni virtuose, dove il numero di incendi si è praticamente dimezzato. Nessun calo in Calabria e Sicilia dove «il fenomeno incendi non sembra subire sostanziali miglioramenti». Nel 2006 la Sicilia ha registrato 935 incendi che hanno bruciato 13.470 ettari di territorio, e la Calabria 983 roghi e 7.955 ettari di superficie bruciata. In pratica un terzo dei casi avvenuti in Italia si sono avuti proprio in queste due regioni. Cifre imbarazzanti, se confrontate con quelle di una regione boscosa come il Trentino Alto Adige: 64 incendi e 6 ettari bruciati nel 2006.
Il merito del miglioramento generale - sottolineano le guardie forestali e l’associazione ambientalista - va soprattutto alle amministrazioni comunali che hanno realizzato il «catasto delle aree percorse dal fuoco, vera arma per fermare a monte gli interessi che muovono la mano degli incendiari».
Perché sul fatto che dietro alla devastazione ci siano precise volontà non ci possono essere dubbi. Gli incendi boschivi sono causati dall’uomo nel 98 per cento dei casi. C’è la «colpa o estreme forme di negligenza». Tipici i casi di contadini che bruciano le sterpaglie (pratica vietata) e perdono il controllo delle fiamme. Ma in 60 casi su cento, le fiamme sono appiccate intenzionalmente da incendiari.
La macchina della repressione funziona a pieno ritmo. Il Corpo forestale dal 2003 al 2006 ha effettuato 130mila controlli sul territorio, con un ritmo di 90 al giorno. Sotto la lente 28.327 persone, oltre 590 ogni mese. Risultato: sono stati identificati e denunciati oltre 1.
450 «criminali incendiari», ma si è arrivati all’arresto solo di 63 persone. Non molti, comunque un risultato importante viste le difficoltà che incontrano le forze dell’ordine. Non ultima la «diffusa omertà verso gli incendiari, specialmente nelle piccole comunità montane». Il sospetto che a farla franca siano soprattutto gli incendiari per conto delle mafie viene dall’analisi delle motivazioni dei 97 arrestati tra il 2000 e il 2006 (solo 11 nell’ultimo anno). Ventotto sono legati a «fenomeni di disagio personale, emotivo, sociale con marcati stati psico patologici». In sostanza sono piromani veri e propri. Ben 37 sono «connessi alle attività lavorative». Quindi pastori in cerca di pascoli e contadini che ripuliscono i terreni vicino al bosco. Nove arresti sono stati effettuati a carico di «persone legate alle attività di spegnimento», quindi volontari o operai che cercano di ottenere vantaggi diretti dall’incendio. Altri 25 arrestati rientrano nei casi di vendette, atti vandalici, tentativi di deprezzare il valore di terreni. Lupi solitari, per catturare il branco ci vuole altro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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