Manuela e la pallanuoto: Atene non l’ha cambiata, ora sogna il secondo oro

La Zanchi, bomber e tecnico del Varese Olona in A2, ha ritrovato in Sicilia il gol «grazie a Formiconi, il migliore coach italiano di sempre»

Uno sport non le bastava: va bene il nuoto, ma che noia andare avanti e indietro in piscina, da soli e senza una meta. Meglio averla una meta, anzi una porta da raggiungere per piantarvi un bel goal. E allora in acqua mettiamoci pure la palla, le regole ferree del gioco di squadra, ed ecco la pallanuoto. «Si quello era lo sport che faceva per me». Non importa che la fatica sia, appunto, doppia. Stare a galla e fare centro: saltare in acqua dove l’assenza di peso aiuta, ma per spiccare il volo occorrono piuttosto una grinta e dei muscoli così, a far da propulsori sottomarini. Manuela Zanchi, milanese di nascita, naturalizzata a Varese, vive fra le lande brade dell’Olona dove operosi e silenziosi si stanziarono gli uomini di Golasecca.
Lei ride del paradosso: la sua vita è sempre in acqua, ma la sete la prova spesso anche ammollo. Sete di fatica. Di vittoria. Manuela, 31 anni, si intende di entrambe: dopo una carriera quasi ventennale è volata a Pechino per la sua ultima Olimpiade, di questo è sicura. «Londra è troppo lontana: avrò 35 anni e mi vedo impegnata in altro: ho una laurea in Scienza dell’educazione, sarà ora che anche gli sforzi sui libri diano i loro frutti», ripete calma come un mantra.
Dissimula a chi le ricorda che nelle sue 139 presenze in Nazionale è riuscita a realizzare ben 250 gol: «Non li conto, può darsi, del resto sono un’attaccante», si schermisce lei.
Preferisce piuttosto ricordare il suo curriculum che naturalmente è doppio: con la maturità fare l’atleta non le bastava più, così si è ritagliata il ruolo di allenatrice del Varese Olona, serie A2. «È la stessa squadra in cui gioco io - spiega - anche se per prepararmi a Pechino mi sono messa in aspettativa e sono volata a Catania», spiega. In Sicilia la Zanchi ha ritrovato il mentore che l’aveva presa per mano e condotta sul tetto del mondo: solo Pierluigi Formiconi poteva trasformarla di nuovo in combattente: una spolverata ai muscoli e agli schemi. Lui, «il miglior coach italiano di tutti i tempi», è stato il regista di quel luminoso giorno di fine agosto ad Atene, quando il Setterosa italiano fu capace di rimontare le padrone di casa e battere la Grecia nelle sue acque. Un’impresa da maratona dell’acqua. Una rivincita anche per il Settebello dei maschietti, stracciato invece sempre dai Greci poco prima.
Un oro olimpico tanto più brillante perché inatteso. Piovuto dall’Olimpo? «Eravamo un gruppo storico, ci presentavamo da campionesse d’Europa: Tania di Mario, io e le altre avevamo lo smalto del vincitore, fummo anche nominate Commendatore della Repubblica dal Presidente Ciampi». Poi il cambio generazionale: poche hanno resistito altri quattro anni ai ritmi della nazionale. Tu chiamalo se vuoi turnover, ma anche Manuela si è rinnovata: l’oro olimpico non le ha cambiato la vita, ma le ha fatto cambiare casa, a Caronno Pertusella. L’amore, no quello non è arrivato: lei, passata la boa dei 30, non è più la ragazzina che sperava di cuccare al villaggio olimpico, fra una coda in mensa e un mini party «in camera di...». Anzi tiene a precisare: «A chi la sa leggere, l’esperienza del villaggio olimpico resta impressa nel cuore. Per me, almeno, ad Atene fu così.

Ragazzi di ogni vernacolo e paese che cercano di comunicare in ogni modo: quando devi stemperare ansia, attesa e paura, allora ti accorgi che tutti si parla la stessa lingua». E allora anche il cinese non avrà più segreti.

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