Manzoni, pessimista e un po’ giansenista

Diversi lettori, dopo la mia «lettera cattolica» della settimana scorsa (che riguardava un intervento di Ferruccio Parazzoli apparso su Vita e Pensiero), mi hanno scritto chiedendomi cosa ne pensavo dell’idea - più volte espressa da Parazzoli, non solo in quella sede - secondo la quale la letteratura cattolica italiana soffrirebbe di un malcelato complesso manzoniano.
Il tema richiederebbe un intervento non lungo: lunghissimo. Io mi faccio forte di un pedigree composito - che sul lato «cattolico» passa più dalle parti di Péguy e di Flannery O’Connor che da quelle del Manzoni, mentre eredita il Manzoni per via «eretica», attraverso Testori e il Gadda manzoniano - e dico due brevi pensieri.
Non faccio parola dell’immensità dello scrittore e del poeta e mi soffermo solo sul suo cattolicesimo, che mantiene sempre la punta giansenista (e dunque in odore di eresia) delle origini: anche nel Romanzo. Detta in soldoni, il suo pessimismo riguardo alla storia (quello espresso nell’Adelchi, che per me è il suo capolavoro, insieme alla Colonna infame) non cessa con I promessi sposi: nel momento in cui il disegno della Provvidenza si rivela, il romanzo finisce: invece di morire, i suoi protagonisti vissero felici e contenti - che però è, almeno in parte, la stessa cosa.
In questo modo d’intendere c’è una debolezza che non è letteraria ma d’esperienza. Lo scrittore cattolico «manzoniano» non è propenso a credere che il vero dramma abbia inizio (e non fine) con lo svelarsi del disegno della Provvidenza. Il bello, ossia l’avventura, l’imprevisto, comincia lì. Si pensa che, una volta capito come funziona il gioco, non resti molto da aggiungere. Altro che aggiungere: siamo soltanto all’inizio!
Insomma, il romanzo «cattolico» si chiude là dove bisognerebbe avere il coraggio di cominciare. Questo è un difetto, secondo me, nel modo di intendere non la letteratura bensì la drammaticità del cristianesimo.


In ogni caso, ci sono autori italiani, soprattutto poeti, che hanno battuto altre vie, da Ungaretti a Luzi - che, guarda un po’, furono ambedue privati del Nobel che avrebbero meritato. Già. Ecco un’altra questione interessante. Da quanto tempo un cattolico dichiarato non vince il premio Nobel? Vogliamo porci questa ingenua domanda?

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