Margherita stritolata da Prodi e Ds

Sulla rivista Reset Giuliano Amato e Francesco Rutelli viaggiano alto, parlano del futuro partito democratico al quale dovrebbero dar vita i Ds e la Margherita. Nota Amato che si tratta di sbocco inevitabile, visto che «non è pensabile che i vecchi contenitori contengano con facilità nuovi contenuti». Francesco Rutelli è d’accordo, parla di un «Pantheon futuro» nel quale dovrebbero trovare posto «Cattaneo e Gobetti, i Rosselli e Sturzo». Si risale assai all’indietro, e fra i padri futuri per Rutelli non c’è posto per Gramsci, né per Togliatti. Ciò consente di ignorare la realtà odierna, il ruolo oggi, e nel futuro, dei post-comunisti. Che per il momento sono in campo, e contano.
Al momento, e in attesa che il futuro partito democratico o socialista che sia prenda forma, così come avviene da tempo nella multiforme Unione che deve tenere conto dei comunisti dichiarati, anche nell’Ulivo si litiga, e su tutto: in questi giorni sulle candidature per le elezioni amministrative, sui soldi del finanziamento pubblico, e sul come ripartirli, non si è ancora deciso se Prodi sarà capolista ovunque, nel tempo che resta si litiga blandamente sul programma, ancora in alto mare.
Dal giorno delle “primarie” del 16 ottobre sembrano passati anni luce e tutto viene rimesso in discussione. Il perché è abbastanza noto ma giova rievocare il “caso siciliano” al quale se ne stanno per aggiungere altri, non meno distruttivi. La Margherita che come partito maggiore dell’isola aveva designato per l’Ulivo il rettore dell’Università di Catania Latteri, si è vista smentita apertamente dai Ds che hanno scelto per le “primarie” di votare il candidato della sinistra radicale, Rita Bersellino. Scegliendo anche, con ciò, a una candidatura per la presidenza della Sicilia che coincide con un fronte giustizialista raccoltosi attorno alla sorella di un martire della mafia, il giudice Paolo.
Questa è solo la premessa, nota, perché nei successivi sviluppi della polemica i Ds hanno sostenuto che il loro partito appoggerà i suoi candidati riservandosi libertà di scelta per quelli designati dalla Margherita. Si va così profilando anche il “caso Napoli”, ove l’attuale sindaco Jervolino, della Margherita, rinuncerebbe a ripresentarsi nelle elezioni di primavera mentre in città hanno preso a circolare i nomi di personaggi graditi ai Ds. Quella che si profila, in sostanza, è una sovranità limitata per il partito di Rutelli, evenienza che la maggioranza di quel partito rifiuta chiedendo che per le “primarie” vengano fissate delle regole precise, chi vota, e dove, e come, in mancanza delle quali il secondo partito della coalizione si riserva di non partecipare a un rito messo su a uso esclusivo del partito maggiore.
La controversia fra i partiti dell’Ulivo che dovrebbero costituire il motore dell’Unione è a questo punto, e l’alleanza ulivista appare davvero nei guai posto che nel frattempo si è aggiunto il litigio sulla divisione dei soldi del finanziamento pubblico delle ultime Europee. Per i Ds anzitutto, ma non sono i soli, i soldi spettano in maggior misura ai partiti, per Prodi vanno amministrati centralmente, cioè da lui stesso. Anche qui ci si nasconde dietro motivazioni para-ideologiche. Per Prodi, a prevalere deve essere la coalizione, lo spirito unitario della campagna elettorale, anche in vista dei processi futuri e unitari, mentre il coordinatore della segreteria dei Ds Chiti è tornato a mettere in guardia gli alleati: i Ds sono in campo, rivendicano il loro peso. Quanto a Fassino, ancora più esplicitamente afferma che una coalizione di governo può esistere in Europa solo se c’è una “forza guida” a condurla, e non c’è davvero bisogno di aggiungere altro per stabilire quale sia la funzione che il leader assegna al suo partito.
Francesco Rutelli rilutta a riconoscere che c’è una logica per la quale i Ds riserbano a loro stessi un ruolo egemone. Rutelli ha immaginato nei mesi scorsi per la Margherita un ruolo ambizioso, quello di un partito forte, di natura moderato e centrista, destinato ad assorbire elettori del Polo in libera uscita, e a contendere per questa via ai partiti della sinistra comunista e ai post-comunisti la loro prevalenza politica. Le cose non sono andate così, la Margherita è schiacciata fra il ruolo di Prodi e quello dei Ds, è indebolita da divisioni interne nelle quali i “prodiani” sono sempre dall’altra parte della barricata. Le recenti elezioni di Bolzano, dove il partito ha subito una perdita del 5 per cento dei voti a distanza di pochi mesi sono state un campanello d’allarme.
Va aggiunto che la crisi della Margherita apre, per il Polo di centrodestra ampie possibilità di recupero nelle fasce elettorali di centro e moderate, solo che i partiti che ne fanno parte abbiano voglia e modo di occuparsene.
a.

gismondi@tin.it

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