Se molti dei misteri che riguardano la morte in circostanze inspiegabili di Marilyn Monroe risultano ancora oggi indecifrabili alcuni dei segreti della sua vita ci vengono svelati all’interno di un’incredibile autobiografia intitolata La mia storia ( pagg. 47, euro 19) che viene per la prima volta pubblicata in Italia dalla casa editrice Donzelli. Si tratta di un testo affascinante non solo per il racconto che, in prima persona, Marilyn Monroe fa della sua vita ma anche per le incredibili 47 foto esclusive realizzate dal fotografo Milton H. Greene che la corredano. Il progetto della biografia nacque nel 1954 quando l’agente della diva Charles K. Feldman decise di ingaggiare come ghost- writer che aiutasse Marilyn nella stesura della storia della sua vita una delle penne più straordinarie di Hollywood, ovvero quel Ben Hecht capace di siglare come scrittore e sceneggiatore opere come Prima pagina ,Notorious ,s OmbreRosse ,e Io ti salverò , Cime tempestose ,e etc. Per settimane i due conversarono e Marilyn fece di tutto per colorire i fatti salienti della sua biografia. Hecht sostenne in più di un’occasione che l’attrice aveva trasformatose stessa in un vero e proprio personaggio e quindi era difficile per lui distinguere fra realtà e finzione in quello che la diva gli raccontò. Una volta terminata la stesura il progetto però rimase bloccato: la narrazione della storia d’amore fra Joe Di Maggio e la diva risultò troppo personale e scabrosa, le digressioni riguardanti i traumi e le violenze infantili subite da Norma Jean risultarono troppo forti all’editore che aveva previsto la pubblicazione e inoltre Ben Hecht cominciò a litigare pesantemente con il suo agente letterario per vedere riconosciuto il suo contributo a quell’opera. Successe così che My Story (questo il titolo originale dell’opera) è rimasto inedito sino al 1974 e, solo allora, a dodici anni dalla tragica scomparsa della Monroe ha potuto vedere la luce, anche seil nome di Ben Hecht è apparso ufficialmente nei crediti di copertina solo nel 2000. A prendere in mano oggi le pagine de La mia storia i lettori resteranno stupiti e affascinati dalla incredibile capacità narrativa di Hecht messa al servizio di una storia dai risvolti romantici e allo stesso tempo inquietanti. La crescita infatti della giovane Norma Jean subì più di un evento traumatico: a partire dal fatto che sua madre Gladys Pearl Monroe (che lavorava come montatrice ad Hollywood) per sette anni la dette in affido alla famiglia di Wayne e Ida Bolender non ritenendosi all’altezza di educare la bimba, visto che in passato il suo primo marito John Newton Baker era stato capace letteralmente di rapirle idue figli avuti dalla loro relazione. E su chi fosse il suo reale padre la Monroe costruisce alcune delle pagine più sognanti dell’opera, mentre la descrizione della follia della madre e dei maltrattamenti da lei subiti durante i vari affidi avuti nel tempo costituiscono alcune di quelle più drammatiche dell’opera. La Monroe sottolinea continuamente la sua ricerca diaffetto e il desiderio di vedere riconosciuta la propria identità: «crescevo sapendo di essere diversa dagli altri bambini perché nella mia vita non c’erano né baci né promesse. Spesso mi sentivo sola e volevo morire. Provavo a tirarmi su con sogni a occhi aperti... Questo desiderio di attenzione aveva qualcosa a che fare, penso, col problema che avevo inchiesa la domenica. Non appena ero al mio banco con l’organo che suonava e tutti intonavano gli inni, mi prendeva l’impulso di togliermi tutti i vestiti di dosso. Volevo disperatamente stare nuda in piedi per Dio e che tutti gli altri vedessero. Dovevo stringere i denti e stare seduta sopra le mani per trattenermi dallo spogliarmi. A volte dovevo pregare Dio di impedirmi di togliermi i vestiti». Vestiti che in maniera spietata verranno strappati di dosso alla piccola Norma da parte del lussurioso Mr Kimmell come viene raccontato lucidamente in un volume che parla anche della scoperta del proprio corpo da parte della piccola, dei sentimenti di affetto nei confronti dei propri coetanei, della magia dei suoi sorrisi destinati a far girare la testa a tutti. I lettori assistono così, poco alla volta, alla trasformazione di Norma Jean in una sorta di sirena, sentono i rintocchi della «campana a morto» del suo primo matrimonio (con il sedicenne James Dougherty), la vedono incamminarsi timidamente lungo il Sunset Boulevard di Hollywood: «Io non sapevo niente di recitazione. Non avevo mai letto un libro a riguardo, non avevo mai provato a recitare e non avevo mai parlato con nessuno... Dicevo che speravo di mantenermi facendo la modella... Ma in me c’era questo segreto: recitare. Era come essere in prigione e guardare una porta su cui c’è scritto “Uscita”... Pensavo che tutti gli attori e le attrici fossero geni seduti sulla veranda del Paradiso: il cinema». Così Marilyn racconta nel dettaglio l’aprirsi delle porte di quel Paradiso ma anche il primo tentativo di stalking da parte di un poliziotto che si era invaghito di lei. Ed arriva persino a sezionare in maniera spietata il rapporto con le altre donne che per tutta la vita si sono sentite minacciate dal suo fascino: «Ho avuto sempre una specie di talento nell’irritare le donne fin dall’etàdi quattordici anni. Le mogli hanno questa tendenza a scattare come allarmi quando vedono i loro mariti parlare con me... Quando vedo donne che mi guardano in cagnesco e tra di loro mi fanno a pezzetti, sono molto dispiaciuta, ma non per loro, per i loro compagni.
Ho la sensazione che donne simili siano insoddisfatte in amore e incapaci nel sesso.L’unica cosa che sono in grado di dare a un uomo è un complesso di colpa. Se riescono a fargli sentire che è un cattivo marito o un compagno ingrato, allora si considerano arrivate».Marilyn racconta Marilyn: la sua vita sembra un noir
Per las prima volta in Italia l'autobiografia della star più famosa di Hollywood. Così dura e scabrosa da rimanere inedita per anni
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