Maroni all’Ania: sul Tfr basta interferenze

Le compagnie: inaccettabile l’aut-aut del ministro sulla legge

Antonio Signorini

da Roma

Nessun passo indietro sulla riforma del Trattamento di fine rapporto. Il ministro del Welfare potrebbe ripresentarsi al Consiglio dei ministri con il medesimo decreto che l’organo collegiale del governo aveva rinviato alle Camere con il solo voto contrario dei leghisti. La tentazione di Roberto Maroni è quella di non modificare nulla. Tantomeno il punto più controverso, cioè la corsia preferenziale concessa ai fondi pensione contrattuali, gestiti da sindacati e datori, rispetto a quelli privati, promossi ad esempio dalle compagnie assicurative. La posta in gioco è rilevante. Si calcola che le quote di Tfr possano portare ai mercati finanziari circa 13 miliardi di euro. I sindacati e lo stesso Maroni hanno accusato la lobby degli assicuratori di aver fatto pressioni per il rinvio del provvedimento. E proprio dall’Ania, l’associazione delle società del settore, è arrivata la reazione più dura alle comunicazioni che il responsabile del Welfare ha rilasciato alla commissione Lavoro della Camera. Maroni, è l’accusa dell’Ania, «pone il Parlamento e il governo di fronte a un inaccettabile aut-aut, dichiarando che il provvedimento sulla previdenza complementare non può essere neppur minimamente emendato, nonostante una precisa richiesta del Consiglio dei ministri».
Il nodo rimane quello dei contributi del datore di lavoro al Tfr. Secondo la legge stilata dal ministero del Welfare possono andare solo ai fondi chiusi. «Se il lavoratore scegliesse un fondo aperto o una polizza previdenziale, non godrebbe più del contributo del datore. Si introdurrebbe quindi - accusano gli assicuratori - un vincolo che nega principi di una moderna economia: libertà di scelta e concorrenza».
L’intervento dell’Ania non è piaciuto a Maroni che ha ribaltato l’accusa: «La smettano di interferire così pesantemente nei lavori parlamentari. Le ragioni dell'Ania sono note, ogni convulsione ulteriore può portare solo danni alla loro causa». Schierati a fianco del ministro ci sono i sindacati che anche ieri - per bocca di Savino Pezzotta, leader della Cisl - hanno chiesto di chiudere in fretta la partita. E anche da Confindustria sono arrivate argomentazioni identiche a quelle del ministro: «C’è una lobby che riesce a bloccare tutto, mentre va dato atto al ministro Maroni di aver lavorato per una riforma che serve al Paese», ha detto il vicepresidente Alberto Bombassei.
Maroni anche ieri si è mostrato ottimista sulle possibilità di approvazione della riforma. Positivo anche il viceministro dell’Economia Giuseppe Vegas: «C’è qualche problema ancora da risolvere ma credo si possa superare».

Il provvedimento «sarà sicuramente approvato nei tempi giusti. Dobbiamo soltanto verificare bene l'intesa tra imprese e sindacati, dopo di che An è sicuramente schierata con Maroni», ha aggiunto il ministro delle Politiche agricole Alemanno.

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