RomaAl Cairo ci trattano da razzisti? A Hollywood ci fanno un monumento come maestri di stile, ancora alla ribalta quali ficaccioni latini in cima alla classifica del saper vivere. Basta vedere Nine (dal 22), rutilante musical di Rob Marshall, il regista di Chicago, per sentirsi fuori dalla lista nera di Amnesty International: in un numero di canto e ballo, per esempio, Fergie, icona pop dei Black Eyed Peas, invoca «Be Italian» (sii italiano), con tutta la potenza del suo timbro e inscena una tarantella sexy, esortando urbi et orbi «Sii un amante/Sii un cantante», mentre picchia il tamburello sul lato B. Come non bastasse, arriva poi la bella figlia di Goldie Hawn, lattrice Kate Hudson, che, saltellando in miniabito a frange, canta un trascinante inno al «sinema italliano», cioè al nostro cinema «tutto nervi e anima» (e il numero è in bianco e nero). Ecco, insomma, un piano Marshall sul grande schermo, che compatta Daniel Day-Lewis, Marion Cotillard, Penélope Cruz, Fergie, Kate Hudson, Nicole Kidman e Sophia Loren (può bastare?) intorno a un certa idea di noi, che poteva venire soltanto dallestero. Lasse portante di questo orgoglietto tricolore (con Martina Stella, Tognazzi jr., Mastandrea, Germano in ruoli minori) poggia su Federico Fellini, lunico riconosciuto maestro dal cui tocco sia nato un aggettivo, che significa sogno, musica, circo, lussuria.
Interpretato da Daniel Day-Lewis, il Mago di Rimini qui si chiama Guido ed è tormentato dalle proprie fantasie, intanto che cerca il suo film, cioè 8 e 1/2. Ma, soprattutto, è un uomo incalzato da un bel po di donne, che a lui piacciono molto (Fellini fu sottaniere). Così cè lamante focosa (cioè Sandra Milo), con le fattezze di Penélope Cruz, al limite del soft-porno quando canta in guêpière, lasciandosi attorcigliare da una corda fucsia. Quindi la moglie devota (Giulietta Masina), impersonata dalla graziosa Marion Cotillard che, dopo le corna subite, diventa una pantera da spogliarello. Né poteva mancare la musa (Anita Ekberg), qui leterea Nicole Kidman, che intona una canzone damore per F. F., davanti a una fontana. È una città delle donne, asfissante e seducente, quella che ruota intorno al regista, con gli occhiali neri anni Sessanta, lAlfa Romeo che romba uscendo da Cinecittà e sfila ai Fori, di notte, mentre la Dolce Vita si ferma a Via Veneto. «Il mio non è un remake di 8 e 1/2, capolavoro impossibile da riprodurre, ma un musical di Broadway, diverso da Chicago, che prende le mosse dal film di Fellini. Sarebbe come voler paragonare Cabiria al musical Sweet Charity: impossibile», spiega Marshall, il cui musical da 80 milioni di dollari, negli Usa ha incassato poco. «Non leggo le critiche, relative agli incassi. Ho un solo desiderio: che il mio film possa risvegliare, anche tra i giovani americani, un po dinteresse per la figura di Fellini», conclude lui, che per ricreare latmosfera dolcevitaiola ha girato ad Anzio e al Colosseo, allineando cardinali licenziosi (tra i pretini, Dolce&Gabbana in fugace apparizione) e spiderini a Piazza del Popolo, lungo la linea del già visto. E donna Sophia? Incarna la mamma di Fellini, croce di brillanti al collo e abito nero e canta Sogna che sia io a guidarti, raggrumando ricordi, tra F. F. e Mastroianni. «Cera anche Marcello, quando consegnai lOscar a Federico. Mai appartenuta al cinema di Fellini, però. Io e mio marito abbiamo avuto approcci, con lui, ma il suo mondo ci è sfuggito.
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