Al cuore del problema cè un trattino. Nemmeno un punto esclamativo, una dieresi, un punto sovrascritto. Nemmeno un trattino alto. Un trattino e basta. Che riassume unidentità, che marca una differenza, che segna uninsofferenza. Massa e Carrara vivono nello stesso posto da sempre senza mai guardarsi in faccia. È tutta gente che se la tira, da evitare come la peste bubbonica, dice Massa di Carrara, sono cafoni di provincia nemmeno ci puoi parlare, dice Carrara di Massa. «Trieste allItalia, Massa alla Jugoslavia» scrivevano sui muri i repubblicani carraresi a guerra ancora fumante. E questa è laria che tira ancora, vivono insieme come Sandra e Raimondo, ma si sabotano a vicenda, si infilano bastoni tra le ruote, a costo di impedire alla città di funzionare come dio comanda. Massa abita sulla linea gotica, 94 chilometri quadri, 70mila abitanti, vive di turismo e terziario, di lasagne tordellate e polenta encajada. Carrara è più piccolina, venti chilometri e cinquemila abitanti di meno, ma è un gigante scolpito nel marmo, anarchica fino al midollo, che parla più emiliano che toscano. Non hanno mai fatto squadra, divise da otto chilometri di strada e milioni di anni luce di distanza. Il Duce, che non aveva voglia di perdere tempo in beghe di paese, le aveva segate tutte e due, inventandosi il comune unico di Apuania, il terzo che, assorbendole entrambe, si godeva le due litiganti. Morto e sepolto lui tra Massa e Carrara è tornato il fuoco amico. Fuoco quando Carrara ha concesso, vergogna delle vergogne, lo stadio per le partite della Massese, anche se solo per un po. Fuoco quando Massa ha programmato apposta gratis le serate con i saranno famosi di X Factor che Carrara, negli stessi giorni, vendeva a pagamento. Fuoco incrociato quando Tele Toscana Nord, per farla finita con le ipocrisie, ha mandato in onda le previsioni del tempo in due dialetti, quello delluna e quello dellaltra, come fossero serbi e croati, hutu e tutsi, Stanlio e Ollio, Spic e Span.
Ma adesso la guerra è arrivata in Parlamento. Dove ci sarebbero questioni più gravi di cui occuparsi, ma molto meno serie del campanile. Oggi la commissione Affari costituzionali della Camera discuterà la proposta di legge firmata da Isabella Bertolini, Partito della libertà, per modificare la denominazione della Provincia: da Massa-trattino-Carrara a Massa-e-Carrara. Una «e» al posto del trattino. Una «e» che separa facendo finta di unire, che mette Carrara sullo stesso piano di Massa e non più Massa davanti a Carrara. Perché questo è il punto. Anzi il punto e virgola perché la questione, manco è dirlo, non è per niente condivisa. Il «Comitato per la difesa dei diritti di Massa capoluogo» non ne vuole sapere, grida alla battaglia di retroguardia, al trionfo del campanile, e il Consiglio comunale ha già approvato allunanimità un ordine del giorno in difesa del «trattino». A Carrara, lanarchica, il contrario, vogliono la rivoluzione, il mondo capovolto, tutti gli uomini uguali. Tutti per la «e» che dà pari dignità, che trasforma la città in co-capoluogo, che stabilisce una volta e per sempre che Massa e Carrara sono due città diverse per storia, carattere, modo di vivere, modo di parlare. Come Pesaro e Urbino. Che già hanno provveduto alla convivenza in separazione dei beni. E a cambiare la targa da «Ps» a «Pu». Anche se la targa non cè più.
La Bertolini dice che oltre ai documenti degli archivi, il primo gonfalone della provincia, custodito nel Palazzo Ducale nellarea antistante la sala del consiglio, riporta esattamente lantica denominazione «Massa e Carrara», che «per rispetto della verità e della storia, la presente proposta di legge ha, il fine di ripristinare la reale antica denominazione della provincia di Massa e Carrara». Bisognerà cambiare miliardi di documenti e intestazioni, milioni di euro, solo per sostituire una «e» a un trattino.
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