Roma - A suo modo è una carriera unica in Italia. Nessun altro partendo da un programma tv è riuscito a diventare un attore così richiesto al cinema. Valerio Mastandrea, volto riconoscibilissimo, calata romanesca (come il cuore giallorosso in questi giorni infranto), un’aria disincantata con quel suo mezzo sorriso sornione che non può non fare simpatia, nel bel mezzo dell'età d'oro della commedia all'italiana sarebbe stato un grande caratterista. Ora che i film si realizzano col contagocce è un apprezzato protagonista, spesso a cavallo tra comicità e malinconia, che riesce a dare ai suoi personaggi sempre un tocco di umana verità. Insomma, lo vedi sullo schermo e ci credi e pensi che possa essere un po’ così anche nella vita. Trentaseienne ora defilato nel panorama mediatico, deve però la sua fortunata carriera proprio alla televisione che, in seguito, non ha mai amato più di tanto (tranne le apparizioni a Parla con lei e nei video musicali). Qualcuno lo ricorderà nel secolo scorso sul palco del teatro Parioli, giovanissimo e un po’ impacciato, spesso in coppia con Ricky Memphis, tra i tipi «strani» allevati da Costanzo quando i reality erano ancora fantascienza. Sua la lettera in cui chiedeva la possibilità di andare in tv per, ricorda, «raccontare un periodo della mia vita. Questa chance mi è stata data e sicuramente è servita anche a liberarmi da quel periodo. È stata un'esperienza che non rinnego assolutamente».
Poi è arrivato il cinema, tanto cinema. Il successo popolare con Palermo-Milano solo andata di Claudio Fragasso e soprattutto il protagonista dell'acida commedia d'autore Tutti giù per terra di Davide Ferrario dal romanzo di Culicchia. Poi Archibugi, Scola, Vicari, fino ad oggi con ben due film in sala: Tutta la vita davanti di Paolo Virzì in cui è un sindacalista molto contraddittorio, e Non pensarci di Gianni Zanasi dove interpreta un ex chitarrista punk, in realtà un personaggio a tutto tondo che, secondo il direttore della Mostra di Venezia (dove il film è stato presentato alle Giornate degli autori) Marco Müller, si muove addirittura come «un Jerry Lewis italiano». Una coincidenza di uscite su cui l'attore romano ha avuto modo di scherzare l'altra sera in tv intervistato da Fabio Fazio: «Sembra una mancanza di rispetto nei confronti dei miei colleghi, come se lavorassi solo io. Uno in due anni fa due film e poi certe regole del mercato li fanno uscire a cinque giorni di distanza. E così chi non conosce i tempi di lavorazione ti fa: “Lavori tanto eh?”». Quasi tenendo nascosto, ma è il suo tipico basso profilo, che è anche il protagonista del nuovo film di Ferzan Ozpetek, Un giorno perfetto dall'omonimo romanzo di Melania Mazzucco, in questi giorni al montaggio: «Che botta. Storia purtroppo di attualità. Una separazione, l'uomo (io) non se ne fa una ragione, cerca di riavvicinarsi alla moglie (Isabella Ferrari) con la violenza, si riprende i figli, prima ammazza loro e poi si spara. Non proprio una commedia di Natale».
Un genere quest’ultimo che, da attore impegnato ma non troppo (convinzioni politiche ovviamente di sinistra anche se pare abbia detto di no a una proposta di Walter Veltroni in persona), non esclude di praticare in futuro: «Però solo per fare contente mia madre e mia nonna».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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