da Milano
«Ogni cosa che fuoriesce, che tocca l’elemento processuale, è una cosa ingiusta, profondamente sbagliata, fuori da ogni norma più elementare di rispetto della persona». E ancora: «Tutto ciò che emerge al di fuori di un aspetto che non ha rilevanza penale secondo me è ingiusto e sbagliato». Così, senza mezzi termini, il ministro della Giustizia Clemente Mastella commenta ieri mattina il paginone di Repubblica che riporta ampi stralci delle intercettazioni telefoniche sui vertici di Rai e Mediaset compiute dalla Procura di Milano indagando sul fallimento della Hdc, la società del sondaggista Luigi Crespi.
Si tratta di conversazioni che la stessa Procura aveva ritenuto irrilevanti per le indagini e di cui per questo il giudice preliminare aveva disposto la cancellazione del fascicolo. Il fatto che siano approdate ugualmente alla stampa dà lo spunto al Guardasigilli per chiedere al Senato di accelerare i tempi di discussione della nuova legge sulle intercettazioni. Ma da dove proviene il materiale approdato a Repubblica, e come è stato gestito dalla Procura milanese? L’interrogativo viene sollevato fin dalle prime ore della mattina di ieri, e porta i magistrati incaricati dell’inchiesta - Laura Pedio e Roberto Pellicano - a riunirsi a lungo con il loro capo, il procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati, per elaborare una linea di difesa in vista delle inevitabili polemiche.
La versione della Procura è a suo modo, semplice. È pacifico che le conversazioni tra i piani alti di Rai e di Mediaset non hanno nulla a che fare con la bancarotta della Hdc: e infatti il gip Marina Zelante ne aveva ordinato l’esclusione già prima dell’estate scorsa, insieme a una imponente mole di altre conversazioni irrilevanti. Secondo la Procura, le operazioni di distruzione dei file audio - riportati su un solo disco mai duplicato - sono attualmente in corso. Il disco è tuttora coperto da segreto e non è stato depositato agli atti del processo Hdc, messi l’altro ieri a disposizione degli avvocati difensori. Peccato che siano state invece depositate - e quindi avviate inesorabilmente alla pubblicazione - le relazioni della polizia giudiziaria con i riassunti di quelle medesime telefonate di cui il giudice aveva ordinato la rimozione.
Nell’interpretazione - decisamente restrittiva - della Procura milanese, dunque, l’ordine di distruzione vale solo per le registrazioni, ovvero i file audio, e non per le note di polizia. Così, nella cospicua documentazione depositata due giorni fa - l’equivalente di quaranta faldoni di materiale, passati allo scanner e trascritti su compact disc - hanno trovato posto anche le conversazioni riportate ieri da Repubblica. E non si tratta, a quanto risulta, dell’unico materiale inutile all’indagine depositato dai Pm. Anzi, tra le carte sarebbero rintracciabili anche conversazioni assolutamente private e sms (di personaggi, peraltro, mai iscritti nel registro degli indagati) che sono stati ugualmente trascritti e depositati, nonostante che davanti al giudice i difensori avessero espressamente segnalato l’esigenza di tutela della riservatezza dei protagonisti. E che ieri circolavano con abbondanza di dettagli.
Secondo una spiegazione che circola in Procura, una parte delle telefonate da cancellare erano state allegate nel corso delle indagini alle richieste con cui di volta in volta i pubblici ministeri chiedevano la proroga delle numerose intercettazioni telefoniche in corso: e il testo di queste richieste di proroga sarebbe stato ora depositato senza venire coperto da alcun omissis. Anche da questa fonte viene verosimilmente parte del materiale da cui ha attinto Repubblica per il suo articolo, e che è forse destinato a dare vita ad altre puntate di «rivelazioni».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.