Masur celebra Mendelssohn e la sua Lipsia con «Elias»

Innumerevoli fili legano Felix Mendelssohn Bartholdy a Kurt Masur, invitato, domani, da Santa Cecilia, a dirigere l’oratorio «Elias», per aprire le celebrazioni mendelssohniane, in occasione del secondo centenario della nascita del grande compositore(1809-2009). Ma il principale è costituito dalla comune residenza musicale a Lipsia (la città di Bach, Wagner, Schumann, oltre che di Mendelssohn) dove Mendelssohn visse per buona parte della sua brevissima vita - consumata in soli trentasei anni, ma lasciando un’eredità musicale pari a quella dei più grandi geni dell’umanità - dove fondò il Conservatorio e scrisse anche l’Elias (1845); la stessa Lipsia dove Masur, undicesimo successore di Mendelssohn, come direttore dell’Orchestra del Gewandhaus - affidata ora al nostro Riccardo Chailly - ha guidato ininterrottamente la celebre istituzione per un quarto di secolo, a partire dal 1970, diventando figura di riferimento anche civile, oltre che musicale per l’intera città, e dove ha creato e guida tuttora una fondazione dedita allo studio e alla diffusione dell’opera di Felix Mendelssohn; e che, infine, del celebre oratorio che si accinge a presentare a Roma, ha già consegnato una registrazione discografica considerata «di riferimento».
E, infatti, a Lipsia, dove morì nel 1847, e non altrove - come Berlino ad esempio che ospitò la storica riscoperta della «Passione secondo Matteo» di Bach, ad opera del ventenne Mendelssohn - in un edificio neoclassico al n. 12 della Goldschmiedstrasse, v’è l’unica dimora di Felix Mendelssohn, trasformata in museo.
La decisione di scrivere un nuovo oratorio, «Elias», si lega strettamente al successo del precedente, «Paulus», dedicato all’emblematica figura dell’apostolo delle genti. Un teologo protestante, Julius Schubring, viene incaricato dal musicista di curare il libretto, con la raccomandazione di delineare «un profeta vero, come noi ameremmo avere ai nostri giorni, forte, zelante, a volte anche adirato, pieno di collera e cupo, in opposizione alla plebaglia della corte; è l’aspetto drammatico che mi interessa». Ne sortisce un’opera in due parti, ben equilibrate e sapientemente dosata fra oratorio di Haendel e opera romantica di stampo weberiano, terminanti ciascuna con un monumentale episodio corale, e al cui interno spiccano i momenti di grande drammaticità ed il gusto per il descrittivismo, come nell'episodio dell’arrivo della pioggia dopo la tremenda maledetta siccità.
Ad Elias, il profeta rapito in cielo da Dio mentre era ancora in vita da un carro di fuoco sul Monte Carmelo nell’Alta Galilea e la cui storia è desunta dai due Libri dei Re del Vecchio Testamento, Mendelssohn riserva quattro arie fra le sue più belle.

In tale ruolo si cimenta il basso René Pape; accanto a lui gli altri solisti: Malin Bystrom ( soprano), Mihoko Fujimura ( mezzosoprano), e Jorma Silvastri ( tenore), l’Orchestra e il Coro dell’Accademia.
Auditorium. Sala Santa Cecilia. Domenica 2 novembre (ore 18); lunedì 3 (ore 21); martedì 4 (ore 19.30). Info:06.80.820.58

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