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Materazzi da un eccesso all’altro. Normale mai

In pochi mesi l’incredibile mutazione del giocatore nerazzurro: da difensore scomposto e attaccabrighe a simbolo della nuova Inter e goleador. Ed è riuscito a battere i pregiudizi

Materazzi da un eccesso all’altro. Normale mai

Aveva un gomito sporco di sangue e sulla coscienza un autogol rocambolesco. Se un'annata si giudica dai primi sei mesi, il 2006 di Marco Materazzi non sembrava destinato a regalare soddisfazioni a questo ragazzone con la fama dell’attaccabrighe. Una stagione passata per lo più in panchina, la sua Inter pronta a cederlo al Villarreal. A rendere tutto più amaro, la gomitata a Sorin, l'eliminazione dalla Champions League, l'autorete clamorosa ad Empoli.
Materazzi spigoloso negli interventi, scomposto nelle reazioni, insultato dalle curve di tutta Italia tranne che dalla sua Nord. Materazzi che non ne può più di portare addosso i segni dei suoi eccessi e degli eccessi di chi non gli perdona nulla.
Poi, il mondiale in Germania. Nesta che accusa il solito fastidio muscolare contro la Repubblica Ceca, il numero ventitré azzurro che si alza dalla panchina. Materazzi ha mesi di polvere e delusioni da soffiare via. Non gli basta difendere alla perfezione: segna all'esordio, rimedia un'espulsione eccessiva contro l'Australia, rientra più fiero di prima. E in finale, la sua annata mediocre si trasforma nella vendemmia migliore di una vita. Procura il rigore francese, ma subito decolla per abbracciare il pareggio. Croce e delizia, vittima e carnefice. Lui, «giustiziato» per quel pugno a Cirillo, in finale subisce la follia di Zidane con contegno. Lui, che i rigori a volte li causa con la sua irruenza, in finale il rigore lo tira e lo segna.
Il resto è un vento tiepido che ha cambiato direzione e sembra non smettere più di soffiare alle sue spalle tatuate. Il resto è una galleria di immagini da regalare ai figli Davide, Gianmarco e Anna: papà con la coppa in mano e il cappello tricolore in testa, papà con la parrucca il giorno della foto per le figurine. L’incantesimo gocciola su Materazzi giorno dopo giorno, lo rende invincibile come un eroe dei fumetti. Il rinnovo con l’Inter, il gol vittoria nel derby, quello per cui si dichiarò disposto «a dare un rene». Materazzi ha un nuovo tatuaggio che gli ricorda che è Campione del Mondo. Materazzi da quel segno e dalla sua famiglia trae forza.
La metamorfosi è compiuta. Lo stopper possente e rude non si è ammorbidito, ma attorno a lui si sono diradate le nuvole di pregiudizio. Come se quella testata di Zidane gli avesse ripulito faccia e «fedina» ed avesse attivato superpoteri nascosti: come spiegare altrimenti la sua rovesciata da antologia contro il Messina, con quelle gambe abituate alle botte date e prese che sforbiciano l’aria? Come spiegare la targa ricevuta dall’Inter Club Montecitorio? Un riconoscimento riservato di solito a Capi di Stato stranieri in visita. A lui, a Matrix.
Materazzi ha chiuso il suo 2006. Ammonito mercoledì a Roma, salterà la gara di sabato e rientrerà solo nel 2007. Ha chiuso con un gol, il quarto in campionato. Non segnava così tanto dall’ultima annata a Perugia, quando con 12 reti stabilì il record di marcature per un difensore. Materazzi ha chiuso vincendo in quello stadio in cui, il 5 maggio 2002, gli vennero le lacrime agli occhi; ha chiuso un anno e chiuso il cerchio. Perché prima o poi i conti tornano.

E i conti di Materazzi, il Campione del Mondo, sono tornati per non andarsene più.

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