McCain difende Obama ed è fischiato dai suoi

Un comizio nel Minnesota si trasforma in una gara di insulti del pubblico al candidato democratico

Per giorni McCain ha descritto Barack Obama come «un amico dei terroristi» e ha alimentato i dubbi sulla sua personalità, sulla sua esperienza, sulle sue capacità personali. Attacchi spesso sotto cintola che hanno avuto un effetto imprevisto. Durante un comizio a Lakeville, in Minnesota, i sostenitori repubblicani hanno palesato le loro paure, il loro odio per il candidato democratico. Una donna anziana ha preso il microfono e ha detto: «Non mi fido di Obama, ho letto molto sul suo conto ed è un arabo». McCain le ha strappato di mano il microfono e l’ha corretta: «No, signora. È un rispettabile padre di famiglia e un cittadino come me, con cui ho divergenze su alcuni temi fondamentali com’è normale in campagna elettorale. Non è un arabo». Ma la folla, anziché placarsi, si è infiammata. Altre persone sono intervenute esternando sentimenti che finora erano confinati all’interno delle mura domestiche. «È un bugiardo», «È un terrorista». Il repubblicano ha cercato di calmarli. «La Bibbia impone di combatterlo», ha urlato uno. «Io sono pronto ad affrontarlo, ma ammiro quanto ha realizzato fino a oggi e lo rispetto», ha detto il vecchio John. La folla ha risposto con disapprovazione.
McCain fischiato dai suoi perché troppo moderato. Un episodio che rischia di condizionare la campagna. Non è un caso che molti media abbiano dato più spazio ai fatti di Lakeville che alla condanna della Palin. Obama ha ringraziato il conservatore, ma ora il problema delle sue origini è più che mai d’attualità. Su Internet gli attacchi sono ancora più espliciti: c’è una parte del pubblico che non vuole votare Barack perché nero, perché di secondo nome fa Hussein, perché convinta che la sua conversione al cristianesimo sia strumentale e che sia segretamente musulmano.


Ora McCain deve decidere se continuare sulla strada degli attacchi diretti: secondo gli strateghi repubblicani rappresentano l’unico modo per colmare il distacco da Obama, ma implicano un rischio grave, quello di favorire negli Stati Uniti un clima di esplicito odio razziale dalle conseguenze imprevedibili.

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