Parigi - Certo che lascia senza fiato entrare all’Olympia di Parigi e ritrovarsi Paul McCartney che da solo, lui e la sua band, suona "Let it be" al pianoforte. Poi inizia Lady Madonna, si proprio quella ispirata da Fats Domino e pubblicata pochi giorni prima che, proprio qui a Parigi, i ragazzi di maggio scatenassero il ’68. Camicetta bianca a fiori, jeans stropicciati, McCartney da vicino è esattamente come lo si immagina: un monumento. Non parla, pontifica. Non ricorda, filosofeggia. Forse per questo la prima cosa che gli viene in mente sono le ricorrenze.
Quali, sir?
«Sono più di quarant’anni
che i Beatles hanno
suonato qui all’Opera.
Eravamo giovani, eravamo davvero
agli inizi. Allora
mi ricordo che con noi
si esibì Sylvie Vartan. Poi
sono venuto qui tante volte,
ma solo da turista».
Che cosa è cambiato da
allora?
«Esattamente non saprei
dire, sono sensazioni difficili
da spiegare. Diciamo
che quarant’anni fa per
me era tutto nuovo ed esaltante.
Ora non è più nuovo».
Ma rimane esaltante?
«Sì, c’è bella musica in giro».
Forse è cambiato il modo di
sentirla.
«Certo c’è il web. Io sono uno
di quelli che quando è nato
non c’erano ancora neppure
le audiocassette».
Difatti la sua generazione è
tra le ultime a concentrarsi
sui concerti.
«Mi piace suonare dal vivo,
anche se lo faccio in piccoli
locali come questo. Però c’è
in programma un lungo tour
per il prossimo anno. Lavorare
da solo, come solista, mi
esalta di più».
Se lo dice uno dei Beatles...
«Proprio questo è il punto.
Quando ho intrapreso la mia
carriera solista e poi ho formato
i Wings, ero terrorizzato
e stanco: volevo dare un
taglio netto al mio passato e
non suonavo più i pezzi della
bandcon la quale sono diventato
famoso. Ora non ho più
paura dei Beatles: sono felice
di essere stato tra le più
grandi band della storia, anzi
perme la più grande. E infatti
dal vivo suono molti dei
loro, dei nostri brani».
Però sono ormai un gruppo
da museo. A Liverpool ne
hanno appena aperto uno
dedicato ai Fab Four.
«Però è un museo: e quindi
non ci ho ancora messo piede.
Non mi piace essere un
personaggio storico, anche
se, a pensarci bene, ogni mia
casa è praticamente un
museo, piene come sono
di memorabilia».
Lo sa che domani a
Roma presentano
"Across the universe",
un film che ha
una colonna sonora
esclusivamente
composta da brani
dei Beatles?
«Certo che lo so.
Quando la regista Julie Taymor
mi ha avvicinato
per
propormelo, ho voluto vedere
tutto il film. E mi è piaciuto.
E così anche a Olivia Harrison,
a Ringo, a Yoko. E così
abbiamodeciso di dare il permesso
per l’utilizzo dei nostri
brani: lì ce ne sono ben
trenta.Nonli abbiamoricantati,
li abbiamo semplicemente
concessi in uso».
Che cosa non si fa per la gloria.
«In realtà è molto bello che
le nostre vecchie canzoni
possano avvicinarsi alle nuove
generazioni».
Quelle che adesso scaricano le canzoni da internet. «Per me internet non fa molta differenza: è solo un nuovo media e a me piacciono le cose nuove».
I Radiohead hanno addirittura
messo a disposizione a
prezzo libero le loro canzoni
sul web.
«Sì però, quando uscirà, il loro
cd costerà caro, 40 sterline.
Il meccanismo del web è
interessante: ma se tu lavori
tanto e non prendi i soldi che
ti spettano o, peggio, fanno
soldi gli altri, a me non va bene».
Detto da lei che è
«Una volta, proprio in Italia,
un’intervistatrice mi ha chiesto
che cosa pensavo del
download gratis, io le ho risposto:
se domani il tuo capo
nonti pagasse, tu saresti contenta?
Io no».
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