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Attentato dell'Isis al consolato italiano in Egitto. Tutti i luoghi a rischio nel nostro Paese

Se un'autobomba potente esplode alle 6.30 del mattino devastando il consolato d'Italia al Cairo, capitale del più importante Stato del Medio Oriente il cui governo è in guerra contro il terrorismo sia dei Fratelli musulmani sia dei gruppi legati allo Stato islamico dell'Isis, chi ci governa dovrebbe trarre le seguenti conclusioni: 1) è l'ennesima conferma che è in atto una guerra scatenata dal terrorismo islamico globalizzato. 2) L'Italia è un bersaglio privilegiato del terrorismo islamico, innanzitutto perché il suo essere «ventre molle» dell'Europa ha reso più credibile l'obiettivo di sottomettere Roma all'islam, profetizzato da Maometto e da sempre una certezza per tutti i musulmani; per il riconoscimento del regime laico di Al Sisi che si è imposto a furor di popolo su quello islamico di Morsi; per il suo coinvolgimento militare, seppur simbolico, in Irak contro l'Isis; per il suo impegno in Libia per un governo di unione nazionale anti Isis. 3) È stato un avvertimento, avendo intenzionalmente voluto limitare il numero delle vittime, che sottintende che i terroristi islamici si attendono una contropartita dall'Italia per non replicare l'attentato in modo ben più sanguinoso. Non mi stupirei affatto se i nostri servizi segreti o i nostri diplomatici al Cairo giocassero su più tavoli, ricercando sottobanco un'intesa con i terroristi islamici per essere lasciati in pace pur continuando a sostenere ufficialmente il governo di Al Sisi.

Purtroppo non ci siamo affatto. A parte il fatto che, in assenza di vittime italiane, l'interesse per la devastazione del nostro consolato (...)

(...) al Cairo è andato scemando nel giro di poche ore nelle televisioni e sui siti internet, la risposta del nostro governo è stata più che superficiale. Non si tratta, come hanno fatto il capo dello Stato Mattarella e quello del governo Renzi di rassicurare Al Sisi sulla collaborazione dell'Italia nella lotta al terrorismo, né come ha detto il ministro degli Esteri Gentiloni di non farsi intimidire. A questo punto o prendiamo atto che siamo in guerra e che in guerra o si combatte per vincere o la guerra la subiremo comunque e la perderemo inevitabilmente.

Ebbene se vogliamo vincere la guerra dobbiamo in primo luogo conoscere il nemico. Sapere correttamente che sia i Fratelli musulmani sia l'Isis hanno come riferimento ideologico il Corano, i detti e i fatti attribuiti a Maometto, i testi dei rispettivi ideologi che talvolta coincidono. Affranchiamoci dall'illusione che esista un «islam moderato» e dall'idiozia secondo cui i terroristi islamici non sarebbero musulmani o addirittura nemici dell'islam. Pensiamo che i Fratelli musulmani, che vengono concepiti come i moderati, persino nel loro motto ricalcano in tutto e per tutto Al Qaida e l'Isis: «Allah è il nostro obiettivo. Il Profeta è il nostro capo. Il Corano è la nostra legge. Il jihad è la nostra via. Morire sulla via di Allah è la nostra suprema aspirazione». Impariamo dalla storia che ovunque si sono presentati sulla scena pubblica i Fratelli musulmani, inesorabilmente poi è esploso il terrorismo islamico. È successo in Egitto negli anni '70 culminando con l'assassinio di Sadat nell'81; in Algeria negli anni '90 con l'affermazione del Fis provocando ben 250mila morti; in tutto il Medio Oriente dopo la menzogna della Primavera araba i cui frutti avvelenati sono lo Stato islamico e il dilagare ovunque del terrorismo islamico.

La verità è che oggi il vero nemico dell'Occidente sono gli occidentali filo islamici. C'è da inorridire quando l'esponente del Pd Federica Mogherini, assurta ad Alto commissario per la politica estera e della sicurezza dell'Unione europea, dice che «l'islam appartiene all'Europa» e che «l'islam politico dovrebbe essere parte del quadro» inteso come democrazia.

Quest'Occidente che ama l'islam più di se stesso rassomiglia all'Europa che s'illudeva di giungere a patti con Hitler e che Churchill paragonò alla «persona conciliante che nutre il coccodrillo con la speranza di essere mangiata per ultimo».

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