Messe troppo noiose fedeli in rivolta «Non vi va? Cacciatemi»

Le accuse a un prete di un paese della Brianza: «Se la prende con i politici divorziati e le sue omelie sono da saccente». Lui scrive a tutti i parrocchiani per difendersi

nostro inviato

a Barzanò (Lecco)
«Io non voglio andare via, ma ripeto quello che ho scritto nella lettera ai miei parrocchiani: se la mia presenza è davvero un problema, non mi resta che togliermi d’impiccio… ». Don Ivano Colombo, 56 anni, da dieci mesi parroco di San Vito a Barzanò, alza gli occhi azzurri dal foglietto con gli appunti per la sua prossima predica e difende, con voce pacata, il «suo» modo di fare il prete. Molti fedeli lo criticano per l’eccessiva durata delle omelie «troppo colte», per il carattere schivo, per il suo dedicarsi soltanto a questioni «spirituali». Lui, per tutta risposta, nel notiziario parrocchiale ha scritto una lunga lettera aperta precisando di essere disposto a lasciare nel caso il suo stile e le sue proposte, nelle quali crede fermamente, non siano ben accette.
Barzanò, quasi cinquemila anime nella profonda Brianza – da qui è partita la fortuna del salumificio Beretta – è un paese che un secolo ha avuto soltanto tre parroci. L’ultimo, don Giuliano, ha pensato allo spirito, ma anche alla formazione culturale (ha fondato una scuola) e fisica (ha realizzato un palazzetto dello sport). Era praticamente impossibile che un cambiamento, dopo più di cinque lustri, non provocasse tensioni. Qualche critica è rimbalzata all’interno del consiglio parrocchiale.
«Fa prediche molto dotte – spiega uno dei critici – ma troppo lunghe e un po’ intellettuali. Sono testi scritti, che legge senza staccare gli occhi dal foglio. Durano anche 35 minuti». Un altro rimprovero riguarda i saluti in paese: «Spesso passa senza salutare». Qualcuno si lamenta anche per il contenuto di certe omelie in campagna elettorale: «Ha preso di mira i leader politici divorziati: un segnale contro Berlusconi e Casini… ». «Il parroco appare disinteressato alle attività della parrocchia, le offerte sono calate del 30 per cento».
Don Ivano sorride. Chiede scusa se qualche volta gli è capitato di non aver salutato qualcuno per strada. Ma aggiunge: «Non credo di aver fatto omelie targate politicamente… E pensare che io sono diventato prete nel 1974, l’anno in cui Montanelli ha fondato Il Giornale. Lo compravo e quando insegnavo in seminario qualcuno mi guardava male. Adesso c’è chi mi dipinge come un comunista». Sulla durata delle prediche, il parroco ha le idee chiare: «È importante che la Parola entri a scaldare il cuore. I miei discorsi creano qualche difficoltà per il linguaggio, per il contenuto e soprattutto per la durata? Da parte mia c’è tutta la passione di chi crede fortemente nella Parola e una grande fiducia in chi mi ascolta». Quanto alla gestione della parrocchia, aggiunge: «Non mi occupo molto di certe cose materiali, è vero: ci sono i laici per questo. Io devo lavorare di più a livello spirituale e culturale». Per questo è molto attivo nel seguire i corsi per la terza età e il consultorio familiare.
«Con il parroco abbiamo rapporti cordiali – spiega al Giornale Franca Colombo, il sindaco (espressione di una lista civica di centrodestra) – anche se sappiamo che in paese ci sono stati dei problemi. Ci auguriamo che vengano risolti attraverso il dialogo tra le persone e non per mezzo stampa». Sabato scorso si è svolta un’assemblea, voluta e convocata dallo stesso don Ivano – anche se non vi ha partecipato per lasciare più liberi i suoi critici – durante la quale i fedeli hanno potuto fare le loro rimostranze al vicario episcopale di Lecco, monsignore Bruno Molinari, il quale ha ricordato che «un prevosto non può essere la copia dei predecessori». Il parroco di Barzanò è comunque intenzionato a continuare con i suoi metodi: «Quando insegnavo lettere al liceo, mettevo sempre il compito di latino all’ultima ora del sabato. Una carognata, certo.

Però i miei studenti si sono temperati, hanno esercitato se stessi… ». I fedeli sono avvertiti: in fondo la predica, per chi ascolta, è meno impegnativa di un compito in classe. E soprattutto un c’è il rischio di prendere un brutto voto.

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