Metalmeccanici, accordo raggiunto a quota 100

Gli operai delle aziende più piccole avranno l’una tantum di 130 euro

Metalmeccanici, accordo raggiunto a quota 100

Gian Battista Bozzo

da Roma

C’è voluta una nottata di trattative per superare la differenza di un euro fra la proposta della Federmeccanica (99 euro) e la richiesta dei sindacati (100 euro). Alla fine quota cento è stata raggiunta, ed il contratto dei metalmeccanici è stato firmato. Dovrà essere ratificato dai direttivi dei sindacati di categoria e dalla cosiddetta «assemblea dei cinquecento», e poi dalle assemblee nelle fabbriche: una lunga procedura dall’esito scontato.
C’è molta soddisfazione, quasi euforia, fra i sindacati per il risultato raggiunto. I due precedenti contratti dei metalmeccanici non erano stati firmati dalla Cgil, ed avevano marcato la stagione della freddezza: la confederazione di Guglielmo Epifani da una parte, Cisl e Uil dall’altra. «È stata determinante l’unità dei sindacati e dei lavoratori - commenta adesso il leader della Cgil - per raggiungere questo risultato. La determinazione di Fiom, Fim e Uilm (i sindacati di categoria legati alle confederazioni, ndr) influirà positivamente sul rafforzamento dell’unità fra Cgil, Cisl e Uil». Aggiunge il segretario della Fiom, Gianni Rinaldini: «Dopo più di sei anni Fiom, Fim e Uilm ritornano a siglare unitariamente un accordo per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici: abbiamo fatto un buon lavoro». Il segretario cislino Savino Pezzotta plaude all’intesa raggiunta «grazie alla determinazione dei lavoratori nel portare avanti una mobilitazione lunga e faticosa», mentre Luigi Angeletti punta sulla salvaguardia dei salari raggiunta grazie all’accordo economico.
«Non ci sono né vincitori né vinti», commenta il presidente della Federmeccanica Massimo Calearo. «C’è una firma unitaria, anche se costosa, dei sindacati sul contratto. Spero - aggiunge - che sia l’ultimo contratto difficile». In effetti, il negoziato è stato duro. È andato avanti a singhiozzo per quasi un anno, dal 24 febbraio del 2005 alla mattinata di ieri. È costato alle imprese più di sessanta ore di sciopero, ai lavoratori una perdita di circa 400 euro a causa delle astensioni dal lavoro. Ha provocato disagi nel Paese, fra sit in e blocchi stradali e ferroviari. Rispetto alla richiesta iniziale di 130 euro, la categoria ne ha ottenuti cento, che riceveranno in tre tranche: 60 euro questo mese, 25 euro in ottobre, 15 nel marzo 2007. In più, l’una tantum da 320 euro per il periodo di vacanza contrattuale, divisa in due soluzioni (160 euro nelle buste paga di febbraio, gli altri 160 in quelle di luglio). Gli operai delle aziende più piccole, in cui non c’è contrattazione aziendale, o territoriale, avranno un’altra una tantum, da 130 euro, da erogarsi nel giugno 2007 come «premio di risultato», formula sperimentale da ricontrattare di volta in volta. Il contratto durerà sei mesi oltre la scadenza.
La parte normativa dell’accordo prevede una commissione nazionale per individuare la percentuale di dipendenti a termine, o comunque atipici, da utilizzare nell’impresa. L’esperienza dell’orario plurisettimanale (sistema flessibile di calcolo dell’orario di lavoro) viene estesa da 32 a 48 ore, da subito, in tutte le aziende interessate. Raggiunta anche l’intesa sull’apprendistato, definito «professionalizzante»: durerà 42 mesi, che si potranno ridurre a 36 a seconda del tipo di diploma del lavoratore interessato.
Secondo i sindacati la mobilitazione «visibile» del lavoratori è stata determinante per il contratto. Però, fra gli operai - ad esempio, quelli di Mirafiori - sono stati raccolti commenti non del tutto in linea con la posizione ufficiale: per molti il contratto è costato troppo, per altri la flessibilità fa paura. Per i comitati di base uniti, «l’aumento medio reale è di 55 euro, invece si insiste sulla bufala dei 100 euro: è un rinnovo nella logica della concertazione, che ha fatto vincere le imprese». A sollecitare nuove regole contrattuali non sono, però, soltanto i Cub. Il ministro del Welfare Roberto Maroni, pur soddisfatto dell’accordo, sottolinea la necessità di rivedere il modello del ’93, visto che la conclusione è giunta dopo 12 mesi di negoziato «con una conflittualità molto elevata».

Concorda il presidente di Confindustria Lombardia, Giuseppe Fontana: «Le difficoltà incontrate hanno evidenziato - spiega - la necessità di aggiornare il sistema delle relazioni industriali». «Questo contratto chiude una fase, il modello adesso è da cambiare», conclude Pezzotta.

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